Citazione da tempo ciciclico e Gnosi Ismailita,sempre di Corbin viene data una descrizione di una sorta di Dio frattale:
''Amalak il greco interrogò il suo maestro,Qosta ibn Luqa:non mi farai conoscere il mio Dio-gli domandò-cosicchè io mi avvicini e mi rifugi soltanto in lui?-
il saggio gli rispose:
Conosci chi ti fece conoscere te stesso(nafsaka,la tua Anima),quando eri incosciente?
Colui che ti ha mostrato i vantaggi e le sofferenze che derivano dalla tua vita,quando tu non te ne prendevi affatto cura?
Colui che ti fa conoscere,se ti conformi alla sua legge,colui che ti fa dimenticare la paura,se da essa sei minacciato?
Colui che ti libera dalla tristezza,colui che produce in te qualcosa di cui gusti l'intima dolcezza e di cui allo stesso tempo provi la forza,e che ti rende indipendente verso tutto ciò che non è lui?
E aggiunse:puoi conoscerlo solamente perchè parte di te stesso.In questo modo hai trovato il tuo Dio (faqad wajadta rabba-ka) e sei un vero credente.
Amalak domandò:''Oh fonte della luce del mistero!Cosa c'è al di là del mio Dio,così da essere tra coloro che hanno ottenuto tutto?Il saggio gli rispose:Al di là di lui c'è chi per lui è ciò che lui stesso è per te,un Unico per un Unico (wahid li wahid) e così di seguito fino alla soglia di Colui nel quale sono contenuti tutti gli Unici disposti sotto di lui,colui che non poteva essere colto da nessun saggio della sua epoca,nè dalla gente del suo tempo,ma di cui hanno bisogno tutti coloro che sono del suo (dahr).
Quello è il Signore dei Signori di questo tempo,un difensore che ha nella creazione un rango che gli permette di domandare l'assistenza del suo altissimo Signore e di essere protetto dal suo custode invisibile; a sua volta l'invisibilità di quello l'occulta a chi è al di sotto di lui,la sua elevazione lo sottrae nell'altezza;così di seguito fino all'Unico ultimo,Signore del mondo iniziale,lo Spirito Santo,l'Arcangelo primordiale e il Primo Esistente,da cui procede il cominciamento e che conduce al compimento.Colui che è oltre questi è Mistero senza nome,grazia senza numero.Medita fratello mio,le posizioni dei saggi e i simboli configurati da coloro che sanno.Sii fedele alle promesse e ai giuramenti ricevuti da te.Mantieni la tua obbedienza agli hodud (gerarchie celesti).Conosci il tuo hadd (limite,orizzonte) nella gnosi (haddoka'l'ilmi),in questo modo conoscerai il tuo Imam,pervenendo al tawhid (unicità) del tuo originatore.Che Dio ti sia in aiuto e ti guidi!Ti faccia salire e ti elevi attraverso i gradi della liberazione.Gloria a lui,per averci gratificato con la conoscenza degli hodud attraverso i quali si epifanizza l'Adorato.Ci confermi nell'obbedienza ai suoi amici per i quali l'essere si epifanizza nello ierocosmo.''
Nel corso di queste pagine,abbiamo l'impressione di non aver fatto altro che commentare questo testo,tanto denso e significativo.(...)
Sempre lì vediamo svelarsi la connessione tra la Conoscenza di Sè e la conoscenza del tuo Dio:''un Unico per un Unico''
lunedì 30 aprile 2018
Il roseto nero
Brucia il roseto nero
sono le sofferenze del mondo
di sangue e di fuoco
ma il tuo santo nome
è scritto sulle nuvole del cielo
e da esse gli angeli
portano l'acqua
della pioggia celeste
che spegne ogni dolore
e l'acqua a contatto col fuoco
diventa vapore
che sale al cielo
e scrive il mio nome accanto al Tuo.
domenica 29 aprile 2018
La luce nera nel ''roseto del mistero''
Estratto da ''L'uomo di luce nel sufismo iraniano di Henry Corbin.
La luce nera nel ''roseto del mistero''
Il lungo poema persiano intitolato Golshan-e Raz (il roseto del mistero),comprendente circa 1500 distici,è opera di Mahmud Shabestari.
Si tratta di un'opera che ancora oggi non ha cessato di essere letta in Iran,ma la cui estrema concisione ha motivato la composizione di molti commentari.
Tra essi,uno dei più completi e allo stesso tempoil più comunemente praticato in Iran è quello di Shamsoddin Lahiji;la sua ampieza e il suo ne fanno un'autentica summa del sufismo.
Un tratto riportato nella biografia di Lahiji mostra a qual punto la dottrina dei fotismi colorati,che indica al mistico il suo grado di avanzamento sulla via spirituale,si prolunga nel dettaglio della vita quotidiana.
Egli gli suggerisce infatti di indossare abiti di colori corrisposndenti a quelli delle luci che caratterizzano successivamente il suo stato spirituale,traducendosi dunque in pratica nei simboli di una liturgia spirituale,traducendosi dunque in pratica nei simboli di una liturgia personale identificata al corso stesso della vita.
Qazi Nurollah Shostari ricorda che all'epoca in cui Shah Esmail stabilì il potere nella provincia del Fars (la Perside) e di Shiraz,il sovrano volle rendere visita allo shayk.
Quando lo incontrò gli chiese:''Perchè avete scelto di indossare sempre abiti neri?-A causa del lutto per l'Imam Hosayn,rispose lo shaykh''.
Ma il re osservò:''Si è stabilito che al lutto per il santo Imam vengano dedicati dieci giorni l'anno.-No,rispose lo Shaykh,questo è un errore degli uomini. In realtà il lutto per il santo Imam è un lutto permanente e non cesserà sino all'alba della resurrezione''.
Si può naturalmente percepire in questa risposta una testimonianza del fervore shi'ita per il quale il dramma di Karbala rimane al centro delle meditazioni,così come il dramma della passione di Cristo rimane al centro della pietà cristiana.
Ma nell'atto dell'indossare quell'abito nero si percepisce anche un'altra intenzione,corrispondente all'usanza osservata da alcune fazioni del sufismo di indossare abiti il cui colore sia quello della luce contemplata nella stazione mistica allora raggiunta.
Si stabiliva così un'armonia cromatica tra l'esoterico e l'essoterico,il nascosto e l'apparente.
Alle prime tappe si indossavano abiti di colore blu (kabud);alla tappa suprema,abiti di colore nero sarebbero stati corrispondenti alla ''luce nera''.
E' questo dunque il significato che dobbiamo ritrovare nell'usanza personale di Lahiji,che aveva provocato la sorpresa di Shah Esmail?
Un poema composto da uno dei suoi discepoli in lode del suo shaykh sembrerebbe in effetti confermarlo.
Ad ogni modo, le pagine in cui Lahiji sviluppa il tema della ''luce nera'' in margine al poema di Mahmud Shabestari sono di interesse capitale per accertare l'orientamento tra Notte divina e Tenebra ahrimanniana.
La luce nera è la luce della pura essenza nel suo In-sè,nella sua ascondità;la sua appercezione dipende da uno stato spirituale descritto come ''riassorbimento in Dio''(fana fi'illah),stato in cui Semnani percepirà da parte sua i pericoli di una prova suprema da cui fa risorgere il mistico alla soglia di una visio smaragdina,essendo la luce verde promossa al rango di luce suprema del Mistero.Il confronto è di eccezionale interesse;richiederebbe ampie meditazioni, e qui non può che essre accennato.
Pur seguendo il testo del poeta che egli commenta,il tema sviluppato di Lahiji lascia intravedere le linee precise della sua progressione.
Vi si distinguono tre momenti: uno sforzo per delineare la nozione di luce nera;poi per descrivere la sovracoscienza che essa postula, una non-conoscenza che è, in quanto tale conoscenza;
infine la ''Notte luminosa'' viene identificata allo stato di povertà mistica nel suo senso vero,quello che vale al mistico la qualifica di ''povero spirituale'' (darwish,derviscio).
Delineare la nozione di luce nera è tanto più difficile in quanto essa irrompe in due modi.
Irrompe in presenza delle cose;è una certa maniera di vederle,che fornisce all'autore il tema del Volto nero degli esseri (siyah-ru i).E irrompe anche in assenza delle cose,quando l'intelligenza,distaccandosi dal Manifestato,tenta di comprendere Chi si manifesta e si rivela.
E' il tema della pura essenza,dell'ipseità divina come soggetto assoluto,la cui inaccessibilità viene suggerita dall'autore parlando di prossimità eccessiva e di abbagliamento.(...)
Ecco il racconto di una visione dello shaykh Lahiji.''Mi vedevo,presente nel mondo della luce.Montagne e deserti erano resi iridescenti da tutti i colori delle luci,rosso,giallo,bianco,blu.
Provavo per essi una nostalgia divorante;ero come colpito da follia e rapito fuori di me dalla violenza dell'emozione intima e della presenza che avvertivo.All'improvviso vidi che la luce nera invadeva l'intero universo.Cielo e terra e tutto ciò che esisteva in loro era divenuto luce nera, ed ecco che in questa luce io mi riassorbi totalmente perdendo coscienza.Poi ritornai a me''.
Il racconto di questa visione suggerisce un accostamento immediato con una delle grandi confessioni estatiche di Mir Damad: vi è qualcosa in comune tra la visione della luce nera che invade l'universo e la percezione in Mir Damad del ''grande clamore occulto degli esseri'',il ''silenzioso clamore'' del loro sconforto metafisico.
La luce nera rivela il segreto stesso dell'essere,che può essere soltanto come fatto-essere;tutti gli esseri hanno un doppio volto,un volto di luce e un volto nero.
Il volto luminoso,volto del giorno,il solo che viene percepito,senza comprenderlo,dall'uomo comune è l'evidenza apparente del loro atto di esistere.
Il loro volto nero,percepito dal mistico,è la loro povertà:essi non hanno di che essere,sono incapaci di essere sufficienti a sè stessi per essere ciò che devono essere (nota di FlatEric si noti come questa dottrina combaci con quella dell'anatman- vacuità de Buddhismo).
La totalità del loro essere è il loro volto di giorno e il loro volto di notte.
Questo è il senso mistico del versetto coranico:
''Ogni cosa perisce,a eccezione del suo volto'',vale a dire a eccezione del volto di luce di quella cosa.
L'irruzione visionaria di questa duplice dimensione,positiva e negativa,è la visione della luce nera.
(....)
Sin dalla prima origine del pleroma,sin dall'istante eterno della nascita della prima delle intelligenze,il primo dei Kerubim,l'Angelo Logos,si manifesta la doppia dimensione di ogni essere esistenzializzato:il suo volto di luce e il suo ''volto nero''.(...)
La luce nera nel ''roseto del mistero''
Il lungo poema persiano intitolato Golshan-e Raz (il roseto del mistero),comprendente circa 1500 distici,è opera di Mahmud Shabestari.
Si tratta di un'opera che ancora oggi non ha cessato di essere letta in Iran,ma la cui estrema concisione ha motivato la composizione di molti commentari.
Tra essi,uno dei più completi e allo stesso tempoil più comunemente praticato in Iran è quello di Shamsoddin Lahiji;la sua ampieza e il suo ne fanno un'autentica summa del sufismo.
Un tratto riportato nella biografia di Lahiji mostra a qual punto la dottrina dei fotismi colorati,che indica al mistico il suo grado di avanzamento sulla via spirituale,si prolunga nel dettaglio della vita quotidiana.
Egli gli suggerisce infatti di indossare abiti di colori corrisposndenti a quelli delle luci che caratterizzano successivamente il suo stato spirituale,traducendosi dunque in pratica nei simboli di una liturgia spirituale,traducendosi dunque in pratica nei simboli di una liturgia personale identificata al corso stesso della vita.
Qazi Nurollah Shostari ricorda che all'epoca in cui Shah Esmail stabilì il potere nella provincia del Fars (la Perside) e di Shiraz,il sovrano volle rendere visita allo shayk.
Quando lo incontrò gli chiese:''Perchè avete scelto di indossare sempre abiti neri?-A causa del lutto per l'Imam Hosayn,rispose lo shaykh''.
Ma il re osservò:''Si è stabilito che al lutto per il santo Imam vengano dedicati dieci giorni l'anno.-No,rispose lo Shaykh,questo è un errore degli uomini. In realtà il lutto per il santo Imam è un lutto permanente e non cesserà sino all'alba della resurrezione''.
Si può naturalmente percepire in questa risposta una testimonianza del fervore shi'ita per il quale il dramma di Karbala rimane al centro delle meditazioni,così come il dramma della passione di Cristo rimane al centro della pietà cristiana.
Ma nell'atto dell'indossare quell'abito nero si percepisce anche un'altra intenzione,corrispondente all'usanza osservata da alcune fazioni del sufismo di indossare abiti il cui colore sia quello della luce contemplata nella stazione mistica allora raggiunta.
Si stabiliva così un'armonia cromatica tra l'esoterico e l'essoterico,il nascosto e l'apparente.
Alle prime tappe si indossavano abiti di colore blu (kabud);alla tappa suprema,abiti di colore nero sarebbero stati corrispondenti alla ''luce nera''.
E' questo dunque il significato che dobbiamo ritrovare nell'usanza personale di Lahiji,che aveva provocato la sorpresa di Shah Esmail?
Un poema composto da uno dei suoi discepoli in lode del suo shaykh sembrerebbe in effetti confermarlo.
Ad ogni modo, le pagine in cui Lahiji sviluppa il tema della ''luce nera'' in margine al poema di Mahmud Shabestari sono di interesse capitale per accertare l'orientamento tra Notte divina e Tenebra ahrimanniana.
La luce nera è la luce della pura essenza nel suo In-sè,nella sua ascondità;la sua appercezione dipende da uno stato spirituale descritto come ''riassorbimento in Dio''(fana fi'illah),stato in cui Semnani percepirà da parte sua i pericoli di una prova suprema da cui fa risorgere il mistico alla soglia di una visio smaragdina,essendo la luce verde promossa al rango di luce suprema del Mistero.Il confronto è di eccezionale interesse;richiederebbe ampie meditazioni, e qui non può che essre accennato.
Pur seguendo il testo del poeta che egli commenta,il tema sviluppato di Lahiji lascia intravedere le linee precise della sua progressione.
Vi si distinguono tre momenti: uno sforzo per delineare la nozione di luce nera;poi per descrivere la sovracoscienza che essa postula, una non-conoscenza che è, in quanto tale conoscenza;
infine la ''Notte luminosa'' viene identificata allo stato di povertà mistica nel suo senso vero,quello che vale al mistico la qualifica di ''povero spirituale'' (darwish,derviscio).
Delineare la nozione di luce nera è tanto più difficile in quanto essa irrompe in due modi.
Irrompe in presenza delle cose;è una certa maniera di vederle,che fornisce all'autore il tema del Volto nero degli esseri (siyah-ru i).E irrompe anche in assenza delle cose,quando l'intelligenza,distaccandosi dal Manifestato,tenta di comprendere Chi si manifesta e si rivela.
E' il tema della pura essenza,dell'ipseità divina come soggetto assoluto,la cui inaccessibilità viene suggerita dall'autore parlando di prossimità eccessiva e di abbagliamento.(...)
Ecco il racconto di una visione dello shaykh Lahiji.''Mi vedevo,presente nel mondo della luce.Montagne e deserti erano resi iridescenti da tutti i colori delle luci,rosso,giallo,bianco,blu.
Provavo per essi una nostalgia divorante;ero come colpito da follia e rapito fuori di me dalla violenza dell'emozione intima e della presenza che avvertivo.All'improvviso vidi che la luce nera invadeva l'intero universo.Cielo e terra e tutto ciò che esisteva in loro era divenuto luce nera, ed ecco che in questa luce io mi riassorbi totalmente perdendo coscienza.Poi ritornai a me''.
Il racconto di questa visione suggerisce un accostamento immediato con una delle grandi confessioni estatiche di Mir Damad: vi è qualcosa in comune tra la visione della luce nera che invade l'universo e la percezione in Mir Damad del ''grande clamore occulto degli esseri'',il ''silenzioso clamore'' del loro sconforto metafisico.
La luce nera rivela il segreto stesso dell'essere,che può essere soltanto come fatto-essere;tutti gli esseri hanno un doppio volto,un volto di luce e un volto nero.
Il volto luminoso,volto del giorno,il solo che viene percepito,senza comprenderlo,dall'uomo comune è l'evidenza apparente del loro atto di esistere.
Il loro volto nero,percepito dal mistico,è la loro povertà:essi non hanno di che essere,sono incapaci di essere sufficienti a sè stessi per essere ciò che devono essere (nota di FlatEric si noti come questa dottrina combaci con quella dell'anatman- vacuità de Buddhismo).
La totalità del loro essere è il loro volto di giorno e il loro volto di notte.
Questo è il senso mistico del versetto coranico:
''Ogni cosa perisce,a eccezione del suo volto'',vale a dire a eccezione del volto di luce di quella cosa.
L'irruzione visionaria di questa duplice dimensione,positiva e negativa,è la visione della luce nera.
(....)
Sin dalla prima origine del pleroma,sin dall'istante eterno della nascita della prima delle intelligenze,il primo dei Kerubim,l'Angelo Logos,si manifesta la doppia dimensione di ogni essere esistenzializzato:il suo volto di luce e il suo ''volto nero''.(...)
martedì 3 aprile 2018
I soliti errori su dollaro,globalizzazione e crisi
Sgombriamo il campo da possibili fraintendimenti, io non aderisco a nessuna teoria monetaria particolare nè la MMT nè la scuola austriaca,nè niente.
La mia è diciamo così, analisi indipendente. Credo che sia fondamentale dire ciò perchè pur avendo setacciato la rete non ho mai trovato questo tipo di analisi,sebbene, ne sono quasi certo, questo tipo di analisi è stato alla base delle scelte della classe dirigente americana e occidentale degli ultimi 40 anni.
La globalizzazione infatti non è un incidente di percorso,o la somma degli appetiti dei singoli investitori,ma una scelta economica deliberata che privilegia le elites americane e occidentali a scapito delle masse lavoratrici.
Quando John Maynard Keynes propose come valuta di riserva mondiale una valuta neutra emessa dalla banca mondiale come il bancor e non il dollaro, non lo fece per campanilismo inglese, ma perchè aveva a cuore il destino delle classi lavoratrici americane e occidentali in genere e perchè sapeva che una politica ''keynesiana'' in un paese detentore di una valuta di riserva,avrebbe avuto l'effetto di ingigantire il deficit commerciale senza creare reali posti di lavoro in quel paese,nè tantomeno inflazione.
Il risultato infatti di detenere una valuta di riserva mondiale è quello di indebolire l'industria manifatturiera del paese che detiene il ''privilegio'' di emettere quella valuta.
Bisogna capire che se c'è una forte domanda a livello internazionale di una valuta,il paese che la emette inizierà ad esportarla ed esportare valuta significa importare merci, ovvero rendersi dipendenti dall'estero diventando un paese dalla bilancia commerciale negativa che importa la maggior parte dei beni e servizi che consuma.
Una crisi del dollaro a dir la verità c'è già stata alla fine degli anni 70 ed è stata derubricata come crisi petrolifera,quando in realtà l'incremento dei prezzi del petrolio fu dovuto ad un rifiuto dei paesi arabi del dollaro, chiedendo direttamente di essere pagati in oro.
La classe dirigente americana reagì a questa crisi in tre modi:
1) uscì dal gold-dollar exchange standard, ovvero la finestra di conversione del dollaro in oro (rispose ''ciccia'' agli arabi)
2)mise tassi d'interesse altissimi al debito Usa in modo da attrarre investitori
3)diede avvio al processo di globalizzazione ovvero trasferimento del processo produttivo fuori dal territorio nazionale, questa politica ebbe come conseguenza la dollarizzazione del mondo.
Una volta dollarizzato il mondo la logica conseguenza fu il reimpiego di questi dollari investendo nel debito Usa facendo scendere gradualmente i suddetti tassi.
Importazione di merci=esportazione di dollari
Prima coinvolsero il Giappone e ''le tigri asiatiche'',poi la Cina e il resto del mondo.
La globalizzazione fu l'escamotage per salvare il dollaro, funzionò ma creò le premesse per una crisi dovuta alla perdita di posti di lavoro dagli Usa alla Cina e altri paesi a basso costo di manodopera.
Oggi Trump vuole invertire questa tendenza perchè la sua base elettorale è nella classe lavoratrice americana, ma è ovvio per chi mi ha seguito che questo ritorno di posti di lavoro negli Usa non sarà senza conseguenze per il ruolo del dollaro come valuta di riserva.
La classe dirigente Usa,che finora ha beneficiato della globalizzazione-dollarizzazione del mondo sia in termini di potere (il dollaro Usa si è rafforzato negli ultimi trent'anni) sia in termini di profitti (la globalizzazione è stata per loro un grosso affare) ora lancia l'allarme e minaccia Trump, se tu continui con la rilocalizzazione dei posti di lavoro in patria, esaurirai la domanda mondiale di dollari e il tuo debito non lo vorrà più nessuno.
Lo fa tramite articoli sul Washington Post in cui non spiega quanto detto precedentemente perchè se lo spiegasse rivelerebbe i propri interessi e la propria debolezza,nonchè la propria forza.