I tre impiccati penzolavano alla luce della Luna.
Il vento che sembrava provenire dalle stelle, spazzava la piazza deserta e giocava con le torce.
Fu allora che lo strambo pittore, decise di dipingere il quadro, l'aveva battezzato ''La Santa Trinità''.
Si posizionò su una panchina posò la tela e incominciò a dipingere.
''Nei volti degli impiccati'', si disse ''c'è lo strazio di Cristo, il Dio che ha scelto di soffrire come l'uomo.''.
Il pittore era un uomo di fede, e con quel quadro voleva dare una dignità a quei poveri straziati dalla morte conferendogli la dignità divina.
E fu così che si accinse a dipingere.
Le nubi danzavano nel cielo, rincorse dalle abile pennellate del maestro.
E poi venne la volta degli impiccati, lui li dipinse e mano a mano che dipingeva i loro volti si rese conto di una cosa, che da quando aveva preso a dipingerli, i loro occhi si erano aperti e lo fissavano.
''Strano...'' pensò fra sé e sé, e provò ad avvicinarsi agli appesi abbandonando la tela.
Ma a quel punto essi parvero richiuderli.
Li guardò da vicino, gli impiccati ciondolavano sinistramente e non c'era nessuna traccia di vita in loro.
Il pittore si allontanò e riprese a dipingere, e di nuovo li dipinse e i loro occhi erano aperti e lo fissarono.
Il pittore era quasi stizzito, perché non capiva cosa stesse succedendo, se ciò che vedeva era frutto di un'illusione ottica.
E di nuovo abbandonò la tela per avvicinarsi.
E di nuovo trovò i loro occhi chiusi e i loro corpi macabramente appesi alla forca.
Si disse ''E va bene, io disegnerò quello che vedo, lo spirito del Signore mi guiderà nella mia opera''.
Si fece un segno della croce, e pronunciò l'Eterno Riposo'' socchiudendo gli occhi.
''L'eterno riposo
dona loro Signore,
splenda ad essi
la luce perpetua
riposino in pace
Amen''.
Si accinse a guardare i tre impiccati per disegnare i loro volti.
Quando guardò verso le forche rimase di sasso.
I tre impiccati non c'erano più.
Le forche penzolavano vuote.
Guardò la tela e rimase di sasso.
Sulla tela si era miracolosamente dipinta una curiosa immagine.
I tre impiccati salivano una scala di cristallo che portava verso la Luna.
E la Luna aveva gli occhi con cui gli impiccati lo fissavano.
Il cuore gli prese a palpitare nel petto, e a quel punto non sapeva se credere ai suoi occhi.
Ma la Luna con quegli occhi era inquietante.
Quegli occhi erano morti, privi di vita, come quelli di un cadavere e lo fissavano.
Non gli sembrava opera divina ma diabolica.
Eppure quel quadro era straordinario.
E si era composto da solo.
A quel punto il pittore disse ''reciterò un Padre Nostro, forse mi aiuterà a capire se è opera divina o diabolica.''
''Padre nostro
che sei nei cieli
sia santificato
il tuo nome,
venga il tuo regno
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così
in terra,
dacci oggi
il nostro pane quotidiano
rimetti a noi
i nostri debiti
come noi,
li rimettiamo
ai nostri debitori
e non ci indurre
in tentazione
ma liberaci dal male.
Amen.''
Allora una colomba d'argento venne dal cielo e si avventò sul quadro rovesciandolo.
Così vide il retro e c'era il suo volto ritratto perfettamente con gli occhi chiusi.
''Che significa questo?'' si chiese fra sé e sé.
In piccolo sul retro del quadro c'era una scritta di un brano evangelico:'' La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!''.
''La luce che in me è tenebra?''
''Che significa?''
A quel punto non sapeva più che fare.
Pensò : ''Io devo chiedere aiuto a un padre spirituale, non capisco il senso di tutto questo.''.
E prese con sé la tela.
A quel punto entrò nella chiesa e accese un lume a nostro Signore Gesù Cristo, uno alla Madonna e uno a tutti i Santi della chiesa.
Ma il vento della notte entrò di colpo nella chiesa e li spense.
Spense anche la torcia con cui si faceva luce.
Si ritrovò nel buio più completo.
Il vento aveva richiuso la porta della chiesa dietro di sé.
Era nel buio più completo.
A quel punto notò una cosa, che la Luna del quadro era luminosa.
E faceva una tenue luce.
Tuttavia illuminava a sufficienza la chiesa.
E con quegli occhi spenti di morto.
A quel punto guardò meglio il quadro e vide i tre impiccati che salivano la scala di cristallo che li portava alla Luna.
Anche il cielo del quadro era vivo.
Le nubi si muovevano:quel quadro era vivo!
A quel punto protese le mani verso la Luna perché non poteva sopportare quegli occhi da morto e voleva serrarle le palpebre.
Chiuse le palpebre alla Luna.
A quel punto i tre impiccati si girarono e invertirono il loro moto, scendendo la scalinata di cristallo.
Scesero le scale anch'essi a occhi chiusi e infine tornati a terra posizionarono il loro collo sul cappio.
Girò il quadro istintivamente ma non aveva modo di vederlo essendo la chiesa buia.
Uscì dalla chiesa ma anche fuori la luce della Luna era scomparsa,velata da una nuvola.
Preso dalla disperazione urlò istintivamente:
''Abbà Padre perché mi hai abbandonato?''
E fu solo in quel momento che vide un unico punto luminoso nel cielo Venere, Lucifero la stella del mattino.
E Venere era potente come una lampada verde nel vasto oceano luminoso.
Guardando Venere il pittore chiese ''Chi sei?''
E Venere rispose:
''Sono Lucifero la stella del mattino, chi mi guarda vede la bellezza del cosmo e io apro i suoi occhi perché finalmente possa vedere la luce del sole che sorgerà.''
E il pittore si inginocchiò e di fronte a Venere domandò:
''Ma tu sei Lucifero il demonio?''.
E Venere rispose:
''Io sono la bellezza, la squisita bellezza che va al di là del bene e del male...''
''Il tuo Dio è forse un Dio dei vivi?''
''Che bisogno ha un Dio dei vivi di aspettare che gli esseri muoiano per prendere la loro anima oramai accecata dalla morte?''
''Ma tu sappi o figlio della bellezza, che se tu mi adorerai io ti aprirò gli occhi, finalmente potrai vedere e la luce che è nei tuoi occhi non sarà più tenebra''.
''Che cosa devo fare?'' chiese il pittore.
Lucifero rispose: ''Recita questa preghiera:
''L'eterna bellezza
può essere colta
solo dai vivi,
che il riposo
della tomba
sia il giaciglio
delle ossa
del Dio crocefisso.
Sia
l'eterno riposo
a lui,
e a noi
l'eterna dannazione
della bellezza,
e dei sospiri
che ci separano
da essa.''
Il pittore era in dubbio.
Forse doveva tradire Dio?
Era un Dio dei morti o dei vivi?
C'era un solo modo per scoprirlo.
Recitare la preghiera.
La recitò.
A quel punto gli occhi gli si aprirono.
E capì di avere un immenso potere.
Era lui a disegnare le forme dell'universo.
Le colonne di azzurro dell'alba si ersero come Jachin e Boaz nel tempio del re Salomone.
E a quel punto lui lasciò perdere gli occhi morti della Luna e i tre poveri impiccati.
Prese il pennello e disegnò i colori dell'alba, colorò di rosa i picchi delle vette.
Le nubi grigie le colorò di oro, colorò di verde i prati e li soffuse di una tenue nebbiolina, disegnò dei raggi d'oro e infine prese la punta del pennello e attinse dall'iride dei suoi occhi per colorare il cielo di azzurro, violetto e rosa.
E infine pianse lacrime d'oro di fronte a un simile spettacolo.
Prese il pennello e lo intinse delle sue lacrime e disegnò il sole che incominciò a splendere e levarsi dall'orizzonte.
Prese la tela per stracciarla.
I tre impiccati erano sempre lì stupidamente morti, la girò e vide che il suo ritratto aveva gli occhi aperti.
E dietro di sé aveva una splendida fanciulla con le fattezze di Venere.
Si girò improvvisamente e la vide identica.
Splendida, i boccoli d'oro rilucevano nel sole dell'alba e cadevano morbidamente sui suoi seni e sulla sua schiena.
Gli sorrise e lo prese per mano e gli disse:
''Ora che sai di essere l'artista dell'universo e che i tuoi occhi dipingono il mondo, vieni con me a godere delle delizie del cielo fra il paradiso degli dei.''
Il vento soffiò nei suoi capelli biondi ed essi formarono una scala dorata verso il sole.
Camminarono insieme verso il sole e raggiunsero il paradiso degli dei immortali.
Nessun commento:
Posta un commento