domenica 7 maggio 2023

Zohar

Mentre ero assente di fronte al tabernacolo procedevo lentamente.
Chiusi gli occhi ed ero nel silenzio assoluto di una scalinata immensa baciata dalla luce, mentre scendevo lento.
Ai lati delle scalinata delle candele che bruciavano silenziose e quasi invisibili perché accecate  dalla grande luce dello splendore mentre gli ulivi e i cipressi digradavano in questa infinita discesa.
Procedevo lento mentre una una donna mi ferma implorante da dietro.
Si inginocchia ai miei piedi e ha la grazia di una donna che umilia se stessa e la sua bellezza e fiorisce come un giglio per essersi nutrita del fango.
Non posso dimenticare i suoi occhi umidi.
Dicono sia una peccatrice ma io non me ne curo, io la amo, ma non come voi.
Vedo le lacrime con cui cerca di lavare i miei piedi dalla polvere della strada ma io procedo, scalino dopo scalino verso il basso.
Lei abbraccia i miei piedi e tenta di fermarmi chiedendomi di rimetterle i peccati.
Le sue lacrime, la loro infinita grazia del suo dolore, vorrebbero lavare la polvere dai miei piedi della strada che sto discendendo, scalino dopo scalino, lei chinando la testa e baciando i miei piedi vorrebbe disperatamente fermarmi.
Ho potere di rimetterglieli i suoi ma lei non ha potere di rimettere il mio, io amo, ma non come lei, lei non può fermare scalino dopo scalino la mia discesa.
Alla fine con occhi umidi si ferma e mi osserva discendere nello splendore.
I suoi occhi lucidi di pianto si asciugano e ella stessa diventa splendida e arida, come una nuvola che mi guarda dal cielo luminoso e azzurro, ella si copre il capo del suo vestito bianco e come una nuvola sparisce portata via dal vento.
Dicono che io abbia amato e redento il mondo e l'umanità.
Ho chiuso gli occhi e finalmente fu buio e mi riguardai le mani.
Li avevo aperti nella chiesa buia.
Ivi , davanti al tabernacolo le candele tornavano a brillare perché il grande splendore era schermato.
Una candela in più splendeva timida e silenziosa e io ne soffrivo, è questa la mia immensa croce, la croce che porto per voi senza alcuna spiegazione che persino io possa dare a me stesso.
Chiusi gli occhi di nuovo semiassente.
Chinai la testa sulle pietre basse.
Da una finestrella gotica un rivo minuscolo della grande luce filtrava sospendendosi come spirito fra le navate della chiesa.
Dietro di me il prete si era avvicinato e cercava di pregare anche lui senza temo grossi risultati.
Dovevo essere rimasto diverse ore in quello stato assorto.
Mi aveva notato e mi guardava.
Mi avvicinai.
Gli chiesi di confessarmi.
Andammo dietro e mi inginocchiai.
''Padre sono Cristo e ho talmente amato l'uomo perché dove egli vede miseria c'è solo la sua immensa luce che egli non riesce a riconoscere, egli brilla come candela ma non riesce a vedere il mare dello splendore perché lo offusca nella sua immensa luminosità .''
''Ma l'ho amato non come amate voi e di ciò chiedo perdono.''
Lui allarga la fronte e con le sue canizie mi guarda coi suoi occhi profondi e decisamente disperati e privi di qualsiasi residuo di fede, nella ultima segreta speranza che non sia un pazzo ma colui che aspettava da tutta la sua vita.
''Quei racconti non sono falsi, sono stato davvero crocefisso e sono sul serio risorto, io non fermo mai i miei piedi, e scalino dopo scalino, nessuno può fermarmi''.
''Non chiedo fede, ma pietà''.
''Solo voi avete sofferto e capito.''
''Mi assolve dai miei peccati padre?''
Lui sgrana gli occhi in silenzio.
Io gli prendo la mano e chiudo i miei.
Anche lui chiude i suoi.
Entrambi torniamo nella grande scala, e discendiamo scalino dopo scalino la grande scala, la scala fiancheggiata da candele accese, la scala che si perde nel mare di luce sotto di noi, sotto di noi, sotto di noi, il mare d'oro, con gli ulivi e i cipressi e i fiori rosa di ciliegio che si perdono gradatamente nella profondità della sua luce.
 Passo dopo passo, la luce si fa intensa e avvolgente così forte purtroppo da non potere apprezzare le candele che brillano ai nostri fianchi.
A un certo punto lui si ferma perché vede le sue nuvole.
Le vede alte e bianche.
Scendono anche loro dall'azzurro infinito, illuminate dal basso dal mare dello Zohar, dello splendore.
Sul cipresso le nuvole si siedono e si scoprono del loro vestito bianco, nudi si fanno incontro a lui e a me.
''I miei genitori!''grida.
''Giada, la ragazza della mia giovinezza a cui avevo promesso di sposarmi e che ho dovuto lasciare per seguire il cammino!''
Io indico verso il basso nel mare dello splendore.
''Sei disposto a continuare con me?''
Lui non risponde e si ferma.
Il vento passa e io gli lascio la mano, le sue creature luminose lo riempiono di carezze, e lui altrettante, come il vento, come bianche nuvole lo cingono del loro manto, e i suoi occhi si fanno asciutti e azzurri come il cielo al di sopra, e lui vola via come nuvola insieme a loro, mentre io scalino, dopo scalino, discendo nelle profondità della luminosità dell'uomo.
E le candele brillano ai lati del mio cammino, ma  nessuno le può apprezzare appieno perché sono acceccate dal grande mare dello Zohar, dello splendore.
In una chiesa buia invece una candela in più brilla e il prete giace riverso per terra senza vita.
''Non mi ha neanche assolto dal mio peccato''
''Io non amo come amate voi.''
''Del tutto io lo amo per questo.''
Scalino dopo scalino continuo a discendere nel mare dello Zohar.

3 commenti:

  1. Profondo e didascalico , va divulgato !

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  2. Condivido l' analisi che mi ha preceduto : esempio di prosa poetica iconica .

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