La libellula si muoveva inebriata nella luce del giorno.
Muoveva le sue ali e stazionava su un fiore al limitare del ruscello sopra un fiore azzurro.
Il discepolo dello shaykh chiese al maestro:
''Guarda come è felice, sono sicuro che è felice lei è troppo rapida per farsi raggiungere dalla sofferenza, dal pensiero della morte, dalla tristezza.''
''Eppure ella non crede in Dio né nei profeti.''
Lo shaykh taceva.
Le libellule correvano sul ruscello, il loro mondo era l'acqua, l'acqua scintillava e il sole sopra gli era sconosciuto.
Il sole brillava oro nel mare del meriggio, l'azzurro, carezzava le cime delle querce.
Ma nel profondo, sotto le querce la libellula correva, aveva solo pause quando si posava sui fiori, poi si fiondava frenetica dietro un profumo o un riflesso di luce nel ruscello, si avvicinava, e cercava di coglierlo.
Lo shaykh era di poche parole.
''Ti sembra felice?''
''Ti sembra in pace?''
''Non lo è''.
Disse.
''E' simile a te.
Ella cerca la luce nei riflessi dell'acqua che scorre del ruscello.
Il suo cervello è sciocco come il tuo.
E' molto fragile la sua felicità, basata, sui riflessi di un rivo d'acqua.
Ad ella sembra di vedere un sorriso un volto amico, uno scintillio ed è già sprofondato giù nel profondo della valle.
Essa soffre come te.
Non si da pace degli scintillii che erano un attimo, e poi non sono più.
Le sue sorelle gli sussurrano (credendo di esser sagge) che ella dovrebbe abbandonarsi alla corrente e seguirla, invece di cercare la luce nel punto preciso del ruscello in cui si era materializzata.
Le sue sorelle non sono neanche loro in grado di cogliere molto.
Il sole sta sopra, molto sopra, sopra molto la capacità delle loro ali di raggiungerlo, ma se esse avessero un briciolo di intelligenza, se proprio volessero ammirare la luce nella sua magnificenza, che escano dal folto del bosco, che la piantino di correre dietro a quel rivo come se esso fosse la fonte della luce che però continua a scappare a valle.
In verità esse hanno avuto i loro profeti che hanno tentato di mostrargli ciò
Eppure esse si struggono di un riflesso di luce di un ruscello che scivola inesorabile verso valle e tu le chiami felici?
C'è un tempo, un eternità al di sopra molto al di sopra dello scorrere frenetico del tuo ruscello, o mia libellula, e c'è un sole che cangia senza fuggire e dileguarsi nell'ombra e fuggire come i fantasmi dei tuoi ricordi, i riflessi fatui e tremuli del sole, che tu ancora scioccamente cerchi in quel rivo.''
A questo punto fu il discepolo che rimase in silenzio.
La felicità è una prerogativa degli umani perché solo a loro è stata data familiarità dal creatore .tutti gli altri esseri vivono secondo una legge di comportamento dettata dalla sopravvivenza .
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