giovedì 2 marzo 2023

Il paradosso di Peto e la genesi metabolica del cancro

 Provo a illustrare brevemente il cosiddetto paradosso di Peto a chi non ne ha mai sentito parlare:


dato che il numero di cellule di un topo è inferiore di diversi ordini di grandezza rispetto a quelle di un uomo, che a sua volta ha un numero di cellule enormemente più basso di quello di una balena, come mai il rischio di tumore della balena che pure vive di più di tutti è inferiore rispetto a quello dell'uomo, che a sua volta ha un rischio inferiore a quello del topo?

Dato che il tasso di mutazioni casuali dipende dal numero di cellule che si moltiplicano per il lasso di tempo di vita media dell'animale se io peso 100 kg e la balena 100 tonnellate, a parità di vita vissuta, perché la balena non si ammala 1000 volte più di tumore?

E se io peso 100kg e il topo 100 grammi perché io non mi ammalo di tumore con una probabilità 1000 volte superiore a quella di un roditore?

La risposta per me è scontata: ovvero, la mutazione casuale, indotta da cancerogeno, ovvero agente in grado di danneggiare il DNA ha un ruolo non dico marginale, ma per lo meno non maggioritario nella genesi del tumore.

La ragione per cui si è valorizzata molto la tumorigenesi intesa come danno al DNA non riparato che porta le cellule ad ''impazzire'' è che sì, in effetti è l'unica scientificamente provata.

Se dobbiamo dirla tutta, il primo e più grande esperimento in tal senso è stata Hiroshima e Nagasaki, l'osservazione di un incremento di leucemie e linfomi dopo 2 anni dall'esposizione a radiazioni, e poi dopo circa 20 anni sono cominciati i primi tumori solidi.

Tempi comunque lunghissimi rispetto alla prima esposizione iniziale che però erano inequivocabilmente correlati all'esposizione a quegli agenti mutageni.

Siccome negli anni 50 è stata rivelata la struttura del DNA e la sua centralità biologica, il cerchio sembrava quadrato e la soluzione a portata di mano, e le prime riflessioni sul tumore come patologia mitocondriale, ovvero della batteria della cellule ad opera di Lehninger sono un pò caduti nel dimenticatoio.

Però tagliamo la testa al toro, susseguentemente a questa ipotesi sono state fatte queste controbiezioni, se c'è una quantità di cellule x la probabilità che una cellula sia mutata è x se c'è n'è 1000 è 1000x, se c'è n'è 1000000 x come nel caso della balena praticamente a meno di non avere un marchingegno cellulare 1000000 di volte più efficiente di quello di un topo, la sua stessa esistenza sarebbe messa in crisi perché stante un tasso di mutazione e riparazione simile a quello del topo la sua vita media dovrebbe essere di...

Minuti.

Piccolo particolare di questo grande animale: la Balena della Groenlandia vive 200 anni.

E con un tasso di tumorigenesi fra i più bassi di tutto il regno animale.

Quando le discrepanze numeriche sono così giganti, è perché il modello analizzato, semplicemente, è sbagliato.

Ora, cerco di essere sintetico:

Che cos'è che cambia tra un uomo, un topo e una balena di così enorme?

La risposta è : IL RAPPORTO SUPERFICIE VOLUME.

Facciamo finta per semplificare i calcoli e approssimiamo la loro forma a una sfera:

il volume di un topo è approssimative a una sfera nell'ordine di cm

l'uomo di pochi metri

la balena può arrivare fino a 50 metri

Il punto è che la superficie di una sfera è 4 pigreco r2

Il volume di una sfera è 4/3 pigreco r3

La superficie incrementa al quadrato, il volume al cubo.

Il rapporto tra superficie volume è molto più alto in un topo che in un uomo, e molto più alto in un uomo che non in una balena.

Il calore che viene prodotto in un organismo si produce nel suo volume, e si disperde nella sua superficie.

Un topo rispetto a un uomo mangia molto di più in rapporto al suo peso per mantenersi in vita rispetto a un uomo, un uomo molto di più rispetto a una balena.

E chi è che vive di più?

Il topo l'uomo, o la balena?

La risposta è la balena.

Potremo dire utilizzando una semplificazione che tanto più piccolo è l'animale, tanto prima muore.

Una farfalla vive ancora di meno di un topo.

E la tumorigenesi?

E la tumorigenesi segue questo paradigma grossomodo, più alta nel topo, più bassa nell'uomo, e ancora più bassa nella balena.

E qui arriviamo al punto fondamentale:

L'arco di durata dell'animale è una sorta di costante di Kilocalorie introdotte al giorno/peso.

Quindi una cellula di una balena è in un certo senso privilegiata, può permettersi il lusso di consumare meno energia rispetto a quella dell'uomo e del topo.

L'equazione semplice è: + energia utilizzi a parità di peso, prima muori e il cancro sembra seguire questa dinamica, sembrerebbe una funzione dell'energia utilizzata.

In linea di massima questo si sposa con l'osservazione che il digiuno aumenta la durata della vita di animali di laboratorio.

E io dico: ok, abbiamo ottenuto un primo step, abbiamo compreso l'ovvio, ovvero che meno energia bruci, meno rischi di sviluppare patologie degenerative, meno rischi di sviluppare tumore, e più tardi muori.

Ma questa è comunque una semplificazione, una semplificazione atta a togliere di mezzo l'idea di una tumorigenesi in cui comunque c'è il famoso ''cancerogeno'' esterno al tuo organismo, un agente chimico che reagisce con il DNA modificandolo.

Ma il DNA comunque nei tumori è mutato per carità chi lo nega.

Se bruci più glucidi e lipidi questo comunque implica più danni alla cellula.

E come abbiamo spiegato precedentemente la cellula della balena è quella che ne brucia di meno.

Ma c'è un altra variabile metabolica gigante che rischiamo di non vedere:

La perturbazione del livello di glucidi lipidi e proteine ad ogni singolo pasto.

Cioè le difficoltà che l'organismo incontra per mantenere uno steady state di glucosio o di qualsivoglia altro parametro nel sangue e nelle cellule.

In questo senso, le dimensioni della specie hanno un ruolo, perché comunque il pezzo di formaggio del topo è comunque gigante rispetto al topo, se paragonato al rapporto plancton/balena.

Ma interviene un altra variabile non da poco:

Il tipo di alimentazione che conduce l'animale.

E qui entriamo nel discorso carnivoro/erbivoro, il carnivoro, sopratutto quello che preda prede di grossa taglia rispetto a lui, ha un alimentazione molto più discontinua ed entriamo in una questione di più difficile distribuzione che affronterò successivamente.

Mi limito a dire che tutta quanta la fola dietetica moderna si basa su scarse evidenze e fa molto presa, in linea di massima il comparto dietetico è affollato di ciarlatani che proclamano la maggiore utilità di questo piuttosto di quest'altro, e la dieta a esclusione di carboidrati, eh ma lo zucchero fa male!

Il burro pure!

Nessuno che si soffermi a considerare che non è fondamentale capire se mangiare 100 grammi di pasta al giorno mi fa bene o mi fa male, ma capire se assumere 10 grammi di pasta per dieci volte al giorno  mi faccia più o meno male di 100 grammi di pasta tutti assieme.

E' più facile dire:''bhu i carboidrati fanno male''.

E la questione è grossomodo questa, comprendere che evolutivamente parlando la capacità del nostro organismo di non morire in seguito all'assunzione di un pasto violentemente calorico rispetto a un periodo di digiuno prolungato (sto parlando di decine di giorni, o addirittura mesi) e della gestione di una oscillazione enorme del glucosio e degli amminoacidi nel sangue è un fattore implicito della specie che può avere come effetto collaterale una maggiore predisposizione alla tumorigenesi.

Cioè' che gli adattamenti che hanno portato i carnivori a non morire di sovralimentazione dopo digiuni prolungati una volta che hanno raggiunto la preda è poi ciò che fondamentalmente li ha resi più vulnerabili al tumore.

Cosa che si verifica a parità di grandezza dell'animale.

Lungi da me dire che la carne è cancerogena come un certo movimento dietetico cretino dice, il punto è che nessun carnivoro mangia la preda una fetta alla volta o la conserva sotto sale e in frigo,(va mangiato subito se no si imputridisce) e sopratutto che tra una preda e l'altra possono passare diversi giorni, se non settimane, e la vita del carnivoro sia detto per inciso, tanto semplice non è.

Non è la questione della carne in sé, la questione è di gestire un digiuno di 10 giorni a cui segue un abbuffata di 10 kg di carne cosa che potenzialmente lo potrebbe uccidere metaforicamente parlando, cosa che avviene appunto nella reefeeding Syndrome.

Ma questo cercherò di farlo successivamente.

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