I lampioni piangevano lacrime amare di luce gialla,gialla non come il sole, che aveva appena terminato la sua inutile vanità nelle tenebre della notte, e in quella città senza cielo si compiva l'ultimo ennesimo sacrificio.
Il sacrificio delle spade.
Berlino est, lui italiano in cerca di lavoro con pochi soldi
scopre che la città sapeva offrirgli più amore che lavoro, e credendo di andare
a fare l'avvitatore di bulloni, eseguendo ordini in crucco, era finito in una
casbah innevata.
C'erano tutte le razze e gli italiani devono fare i playboy,
anche gli aspiranti avvitatori di bulloni.
Era tutto programmato nella mente del crucco quindi lui
doveva fare il play boy anche se aspirava ad avvitare i bulloni, e cominciando
dalle signore più mature si stava facendo una certa fama e aveva
cominciato a sentire meno la fame, con le ricche mance della carne marcia
delle signore ingrigite.
Ma lui non se ne aveva a male , perché spendeva quegli
stessi soldi in freulen ben più giovani in un circolo vizioso, mentre la neve
eterna della città senza cielo, soffocava il suo dolore nell'ovatta.
Di locale, in locale, in una spirale discendente di degrado,
lui il solito coglione italiano che idealizzava l'estero era finito in un
incrocio tra Sodoma e Gomorra che aveva finito per stritolargli il cuore.
Giaceva in una palla di vetro di quelle che si vendono per
Natale, giaceva sanguinante, dentro una bolla ghiacciata di neve, alcool e ogni
genere di sostanze.
Non gli tirava nemmeno più, si faceva schifo, aveva schifo
del sesso e di se stesso, si sentiva una merce di scambio tra due generazioni
di donne: quelle che l'acido muriatico del tempo aveva deturpato i lineamenti,
e quelle nel fiore di una gioventù di ghiaccio, attrici del piacere.
Lui aveva smesso di credere alle loro smorfie.
E giaceva freddo e inerte come il resto della popolazione, e per
giunta non aveva ancora avvitato nessun bullone.
Finché vagando nel labirinto della città, con i polmoni
ghiacciati e la pelle che brucia di gelo rovente, si era avvicinato al
quartiere degli anarchici.
Quanto di più diverso si immaginava di una città e di un
paese che descrivono come un perfetto carillon.
Ma lui non si aspettava le siringhe per terra, sporche di
sangue e di una sostanza che lui mai aveva provato e mai avrebbe avuto
intenzione di provare.
Le siringhe di eroina erano i denti della bocca di Lucifero
in persona e lui c'era finito dentro.
Non doveva farsi mordere ma la sua disperazione era troppa.
La neve cadeva sui cassonetti in fiamme, le sue lacrime
erano ghiaccio puro immacolato, non ancora avvelenato dal morso del serpente.
Ignaro del frutto dell'Albero del bene e del male.
I suoi occhi furono troppo.
Gelo.
Gelo puro.
Non astio.
Non odio.
Solo il vuoto.
Il vuoto di due occhi svuotati dal proprio contenuto di
liquido acanto, svuotati dell'innocenza di una giovane diciassettenne, vagavano
vivaci in cerca di uno stimolo, di un po' di calore in quella tundra ghiacciata
di cemento e asfalto.
E i lampioni solo loro, piangevano lacrime gialle, mentre i
suoi occhi no, non potevano più piangere, una morte di soave piacere li aveva
svuotati.
Cosa c'era in quella siringa che ti illudeva di iniettarti
piacere e ti rubava l'anima?
Era all'inferno.
I cassonetti bruciavano e la neve cadeva a rallentatore in
una palla di vetro riempita di liquida eroina, in un cartone di Natale
disegnato da Lucifero in persona, con le risate agghiaccianti degli operai
turchi sbronzi...
Ma dove cazzo era finito?
Non era il paese dell'ordine e della pulizia?
E lui in quella palla…
Tenuta in pugno da Lucifero.
I suoi occhi, gli occhi di lei.
Il portatore di luce, finito nelle tenebre.
I suoi occhi stessi erano spade che lo trapassavano da parte
a parte.
La sua figa umida era ghiaccio.
Le porte della percezione erano state aperte e il gelo degli
spazi infiniti, l'utero nero nel quale siamo stati concepiti, le avevano gelato
l'anima.
Il flutto gelido dell'eternità era entrato nell'attimo delle
vette immense del piacere innevato, bianco puro, gelido, tanto alto da superare
il cielo di nubi eternamente corrucciate, e vedere il sole della vita splendere
negli azzurri spazi dei suoi occhi.
Per poi cadere nell'abisso dell'oblio.
Ade.
Il dolce Lete, dell'averno, loro, templari di una nuova
religione erano semplici ombre.
La nuova religione
Pulsa la luce lontana
Anche lui stava per cedere,per cercare redenzione nel Cristo
dagli occhi vuoti, crocefisso non con chiodi, ma con spade alla vita,senza la
speranza di una morte, senza la speranza di una redenzione.
Noi tossici
Noi tossici
Il piacere, il dolore una clessidra che rovesciata almeno un
milione di volte aveva la forma di una siringa.
No le stelle non volevano che il suo cuore venisse gettato
nell'oceano dell'oblio contenuto nella siringa, ma della statua di ghiaccio
nell'abisso ai confini tra la vita e la morte.
Le ali nere della notte si erano dispiegate,e lo avevano
portato ai piedi di quella statua.
Le sue forme parevano disegnate dalle stesse mani del
Brunelleschi e del Canova.
Il tocco dei suoi tacchi a spillo sull’asfalto era come
quello del punteruolo di Canova nel suo cuore ormai di marmo freddo
La gelida pietra del suo cuore aveva preso le forme della
statua di Amore e Psiche e l’olio bollente della sua passione gocciolava dalla
lampada fiammeggiante dei suoi occhi.
Una torcia nella nebbia.
Un sole di morte, si era acceso nella notte,ma di notte, ma di notte è la
luna che gioca strani scherzi.
Polvere di Luna
Io ti amo,
Un magnetismo ipnotico li aveva fatti incontrare,il
magnetismo degli specchi che si riflettono, occhi negli occhi ,specchio nello
specchio,e il dipinto della tua anima tra di essi, diventa riflesso infinito.
Un'aereo si alzò e oltrepassò le nubi della città senza
cielo, un amore era nato.
Lei lo punse con lo sguardo gelido,i tacchi a spillo nella
neve, e lo gelò con questa uscita:
"Siediti sul trono di spade"
"Cosa?"
"Benvenuto nel regno della neve più pura, quella che si
sniffa"...
"Mi prendi per il culo?"
"Esattamente".
E con una mano sul suo fondoschiena lo condusse nella stanza
101.
"La stanza delle torture"
"E quale tortura mi aspetta?"
"Quella di avermi e poi perdermi per sempre".
"Per sempre?"
"Per sempre"
…
"Perché?
"Perché più breve è l'amore più le citatrici delle sue
unghie rimarranno nel tempo"
"Il nostro durerà un istante e rimarrà dentro di te per
sempre,amare è la morte più dolce"
Alta quasi 1,80, curata, viveva il mondo come una passerella per le sue sfilate di moda.
Ci aveva stupiti tutti, ed io l'aveva puntata subito,neanche come donna, perché lei non lo era.
Non so cosa fosse, senz'altro una delle tante creature che mi avevano convinto che l'umanità era semplicemente un esperimento fallito.
Gelida, sincera, ninfomane.
Un dettaglio irrisorio, eroinomane.
Non so perché , ma più vado avanti con la vita più il suo cinismo edonista mi pare l'unica stella polare che possa guidarci in questo deserto di finte relazioni umane.
Sapeva 4 lingue e spesso scriveva poesie in una qualsiasi come se fosse madre lingua.
Era come se la droga fosse una sorta di ovatta che lei utilizzava perché la sua intelligenza acutissima non penetrasse come un coltello all'interno della sua fragile carne.
E venne il giorno,in cui io mi ero ripreso ero ritornato un'uomo e avevo deciso di tentare Scilla e Cariddi,consapevole che si poteva sprofondare.
Le feci leggere la mia poesia mentre avevo il cazzo turgido per la sua bellezza, anche per la sua intelligenza, sapevo che io potevo penetrare fisicamente in lei, ma che lei poteva penetrarmi solo coi suoi occhi molto più profondamente.
Overdose
aperti per poco,
mentre giaccio distesa
nel retro di una vecchia mercedes
vedono solo
lampioni che si susseguono,
luci confuse,
Non capisco più nulla
non sono più nulla,
questo è il mio mondo ora:
lampione,
buio,
lampione,
buio,
lampione,
buio,
...
solo il ricordo
della bambina che ero,
della bambina che sono
fa scendere ancora
qualche lacrima,
su questi occhi vuoti.
Ma presto i negri
mi scaricheranno nel canale
e questi occhi
E' sera,
un alba che non verrà,
il vuoto,
il nero,
l'abisso,
salveranno la mia tenera
giovane carne,
dall'orda di cannibali
chiamati giornalisti
Le loro bocche che si muovono
nelle tv, per strapparla e farla a pezzi.
Ma io sono ancora la bambina che ride,
e ride e corre
spensierata
nel grande prato verde
fino al ciglio di un burrone
e ora guarda stranita,
OLTRE...
Un utero nero chiamato morte, questa volta, il suo.
Non riuscì nemmeno a piangere,me ne andai col cuore gonfio di dolore.
Fine del diario di lui.
L'autostrada scorreva ipnotica e vuota, la città trasfigurata
dalla neve era fatta da mille finestre che lo guardavano insolenti
ricordandogli il paradiso perduto di un semplice incontro tra corpi, senza
pretese di salvare nessuno,ma un fascio di luce venuto dal cielo aveva diviso i
loro corpi dall'amplesso per sempre.
Perduti in un abisso senza fondo e senza luce avevano
trovato conforto nelle loro carni.
Ma il regno della luce li aveva divisi per sempre,e adesso
lei cavalcava serena nel prato delle valchirie,rapita da una luce malvagia che
lo aveva per sempre sottratto a lui.
Cavalcava verso il sole...
Quale pretesa assurda salvarla, a costo di perderla, solo
l'amore, il sangue puro innocente che scorreva nelle sue vene, aveva mondato il
sangue tossico di lei.
Lui naufrago nel buio, lei valchiria sull'ippogrifo verso il
sole.
E mentre cavalcava il suo cavallo alato su un pavimento di
stelle, oltre tutto, oltre l'abisso di chi soffoca il dolore, i suoi occhi
finalmente poterono piangere, e piansero lacrime pure sulla città inquinata.
l'Insolente oltraggio andava punito.
E la pioggia giunse sull'asfalto ghiacciato facendo perdere
il controllo del suo mezzo.
Uno schianto un botto,un tonfo nel ghiaccio bagnato di
lacrime della bambina che aveva riscoperto di essere.
Il parabrezza si ruppe in mille cristalli che gli ferirono
gli occhi e lo accecarono.
Lui cercava le mani di lei, ma affondava e più non le
trovava, no, la luce maligna l'aveva salvata, ella era pura, pura dentro.
Il suo cuore ormai di marmo lo affondò negli abissi mentre
cercava ancora le mani di lei.
Buio,utero nero,morte, nessuna stella in cielo a ricordare.
A ricordare il mio amore.
Mostra testo citato
Gentile Simone,
ho ricevuto il materiale integrativo e la ringrazio, ne
prenderò visione e le darò aggiornamenti in merito all’eventuale progetto
editoriale.
Un saluto cordiale
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