venerdì 5 luglio 2024

Pisa

 Sintesi

Levata piazza dei miracoli e la torre storta, è un incrocio fra Mogadiscio e Calcutta (anche come clima purtroppo),  senza il fascino decadente orientale di queste ultime, essendo stata rasa al suolo dalle bombe anglosassoni durante la seconda guerra mondiale, la cosiddetta ''città d'arte'' ha lo charme di un immenso parcheggio dell'esselunga, cui gli studenti una volta laureati faranno da parcheggiatori abusivi, sotto il vigile occhio del nuovo padrone indiano.

Gli studenti vivono in delle favelas con wi-fi, si allenano a subire e a trasformarsi in casta subalterna ciandala, Dalit, intoccabili.

Il mondo l'università e i genitori gli promettono luminose carriere.


Ma questi poveretti dovevano ascoltare il grande maestro bello figo.

Io no pago afito, io no faccio operaio.

Stop.

martedì 2 luglio 2024

La valle arida del presente

La pioggia scivolava, lontano, molto lontano, di là dei deserti e degli oceani così lontana da potere essere raggiungibile solo tramite il ponte della memoria, e l'occhio azzurro del cielo lasciava il rubino del sole a chiudersi nel suo solipsismo luminoso, quasi che in fondo il sole avesse paura di essere rubato da una mano cosmica nell'abisso di tenebra chiamato universo.

Egli si concedeva di splendere per 12 ore per poi correre a nascondersi nella notte.

Egli scappava nella notte, perché temeva l'immensità dell'universo, e che da essa ne emergesse una mano a imprigionare la sua bellezza libera e a ridurlo a un un triste canarino giallo in gabbia a cantare la sua luce per chissà quali altri occhi, odiosamente più gelosi dei nostri.

Il rubino del sole incastonava la mano rinsecchita e vecchia della valle gialla, instupidita dalla calura.

Immobile.

Un vero spreco per certi versi che l'acqua che era scorsa in codesta valle in tempi molto arcaici ora dovesse essere solo più nelle nuvole dei ricordi, abbacinate dal sole e tiranneggiate dal vento volubile che li deformava.

I ricordi come le nuvole durano un attimo e poi diciamolo non esiste un ricordo uguale ad un altro.

Sarà questa cosa che noi chiamiamo presente?

Ma poi noi chi?

Io so solo di essere io solo che  camminavo scalzo e solo nella valle deserta e solitaria.

E più cercavo lo spirito di Allah e di Buddha o di Cristo o degli dei etruschi, e più sentivo semplicemente che lì in quella terra terribile violenta sulfurea e infuocata viveva nascosto nei milioni di anni lo spirito della pioggia. 

Io camminavo scalzo in questa valle sui ricordi della pioggia, dell'acqua che era scorsa chissà quanto tempo fa.

Lasciavo che la radiazione gialla anestetizzasse la malinconia di non essersi potuto più permettere una sana malinconia.

Solo depressione o ansia, che in realtà sono solo canti di guerra incompresi.

Mi inginocchiai verso la Mecca e pregai che tornasse l'acqua sulla valle ma nessuno rispose.

Pregai Cristo ed Odino.

Pregai tutti e pregai nessuno.

Dissi basta.

Cominciai a carezzare la terra riarsa, concessi al suolo riarso le mie dolci carezze.

Colui che riceve solo sputi dei naufraghi solitari e il paranoico solipsismo del sole bollente, io lo accarezzai stupidamente.

Lo accarezzai coi miei piedi.

E con le mie mani.

Lo baciai.

Cercai di consolarlo come un bambino o un amante distrutto.

Riuscii persino a piangere.

Quella fu la prima acqua che quella valle vedeva da millenni.

Me ne fu grata.

E parlò alla pietra del mio cuore facendogli ricordare che cos'era veramente l'acqua.

Me ne andai sollevato.

Non ero profeta di dei e nemmeno portavo croci impensabili o ero un mostro dell'inferno.

Ero solo un ragazzo carino dai begli occhi.