lunedì 24 aprile 2023

Giulio

Roma è cresciuta.

Io l'ho trovata che era una ragazza dissoluta e dalle cattive abitudini.

Vendetta, dissoluzione, noi probi viri abbiamo insozzate per troppo tempo le nostre toghe di sangue nobile, trascurando di debellare i barbari che premono al confine.

Nel caos primordiale il mondo rischia sempre di scomparire, noi siamo i guardiani del mondo.

Brenno e Cartagine sono convolati a nozze in Roma e i loro figli sono Silla e Mario, l'occidente e l'oriente nulla possono contro noi romani, ma siamo noi l'unica minaccia a noi stessi.

In tutto l'orbe terraqueo ho conosciuto e sconfitto tanti uomini presuntuosi e sciocchi.

Non sapevano darsi ordine e carattere, combattevano solo con la violenza della rabbia che noi sapientemente instillavamo nel loro animo per farne degli sciocchi che cadessero ai nostri piedi.

A dirla tutta nulla ho potuto che non sia stato voluto dagli dei, e nulla hanno voluto gli dei che io non potessi realizzare.

Non avevano la  civiltà, non sapevano dominare sé stessi, come potevano pretendere di dominare noi?

Il mondo è grande e Roma è ancora più grande.

E sola.

Come solo sono io.

L'immenso mondo brulica solo del vuoto caotico cui noi diamo ordine.

Siamo messaggeri dell'ordine divino.

Roma non morirà mai.

Io ho capito che andavano fatti dei cambiamenti, prese delle decisioni.

La democrazia ha dei limiti.

La democrazia è incompatibile con l'essere guardiani del caos.

Io non ho ceduto all'oriente, io so di essere un uomo, e molti credono sia poco, è immenso.

La democrazia andava esautorata.

E ciò mi ha addolorato.

Ma non importa.

Nulla ho fatto per me stesso e so di essere grande per questo.

Roma mi odia e mi detesta, mi detestano tantopiù che li ho graziati.

Io so di essere detestato.

Un buon padre da l'esempio e corregge e pretende di essere obbedito, e i suoi figli sul momento lo odieranno poi lo ringrazieranno.

Popolo e senato, giovani e vecchi, padri e figli si uccidono a vicenda.

Non sarà differenza per me.

Sciocco sarei se pretendessi che fosse diverso.

Non cerco ulteriore vita.

Già gli dei mi hanno concesso molto, troppo a un singolo mortale.

Io non disdegno le corone di alloro, come neanche la morte e la sofferenza.

Io spero che i probi viri comprendano.

Nel mio animo non c'è posto per vendette e sciocchi personalismi.

Colui che trionfa è luminoso prima ancora di trionfare, e dopo.

La luce va accuratamente velata, prima di essere posta alla sommità del mondo.

Nulla chiedo, e nulla do, se non me stesso.

Io guardo tutto con gli occhi sereni di chi di fronte alla spada sorride, e neanche la morte lo turba.

Mia moglie e i miei figli, che ne sarà di loro?

Non importa.

Non mi importa neanche di me.

Non mi importa più di niente.

Vai incontro al tuo Rubicone, senza guardie gira per Roma, non mi curo neanche dei campi elisi, non mi curo dei presagi, non mi curo degli dei, non mi curo del fato.

Luminosa è Roma, e le nuvole sue ancelle si lustrano i loro occhi, il cielo si innamora, e la luce degli dei viene versata nella grazia della sua bellezza, essa è coppa in cui gli dei versano la loro magnificenza, e le colonne di marmo al cielo si innalzano e l'olimpo sorride.

Di tutto ciò sorrido anch'io.

Tu non la diresti fatta da uomini, e da uomini non fu fatta.

Che sia recisa la corda ora mente mi beo della grazia di questa vestale ultraterrena, nessuno la profanerà, e il fuoco salirà in volute care agli dei, e in calore di grazia domestica cara agli antenati cui siamo debitori, grandi sono stati loro.

Non voglio che i lacci della vita mi leghino all'infamia.

Sono nato libero e nobile e morirò libero e nobile.

Se io difenderò la mia vita con guardie, certamente Roma insorgerà nella guerra civile.

Una sozzura nella coppa di Ebe?

Giammai.

Gli dei la rovescerebbero nell'ade disgustati.

Non so se morirò , ma non è opportuno vivere con scorte, quello lo fanno i ladri e i satrapi, e  gli stolti, e questa è testimonianza che io non lo sono.

Nulla ho rubato, tutto ho donato, e tutto ho illuminato di grazia e magnificenza.

Che la luce risplenda su di te, come Aurora si prostra a Giove inumidite le erbe delle sue lacrime, la luce dell'aurora del nuovo impero darà la nascita al sole che risplende deciso e pigro, sorridendo nelle ore del giorno mentre Apollo suona la sua arpa.

Un uomo è grande se il destino vive in lui, un uomo è grande anche se è uno schiavo e sorride di luce e i suoi occhi si illuminano.

Le catene si sciolgono come i lacci dei suoi calzari ed egli cammina sui cadaveri dei suoi nemici, perché lo schiavo è chi teme la morte, e le catene di ferro sono poca cosa nei confronti delle catene dell'attaccamento vano alla vita.

Eppure non so.

Eppure non ho mai saputo. 

Il dado è tratto anche nei confronti del Rubicone della morte.

Nessuno può sapere cosa c'è oltre se non va oltre.

Anche ai barbari e agli sciocchi e agli schiavi è dato di doverlo attraversare.

Non sono mai grati di questo immenso dono.

Questo è il più grande dono, giacché nessuno attraverserebbe il  Rubicone delle pianure terrestri se sapesse di essere immortale, e di non dovere attraversare il Lete della morte che lo porterà nei campi elisi, la coscienza della morte ci dà vita e ci dà onore e gloria.

Che il guerriero compia se stesso.

Un uomo che non sa di dovere morire non vivrà mai.

Al suono delle arpe di Apollo io consacro il sangue che ho versato sulle are di Marte, e sorrido mentre guardo una nuvola e mio figlio mi pugnala.




2 commenti:

  1. Come sempre ormai ci ha abituato , il DOC parte da una sottolineatura storica per portare il lettore in divagazioni filosofiche sull' essere e sul divenire , presentando lo scenario come un abile regista sempre attento ad agire da dietro le quinte , come peraltro non fosse esplicito che lui stesso ne il protagonista e unico attore .

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  2. Sono stranamente ma sentitamente e spontaneamente ma certamente non mento nel trovare celeberrime le parole dell' anonimo !

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