Era un giorno di autunno, le cime si invermigliavano dello stupore dell'alba, l'airone guardava le cime e vedeva i falchi che roteavano nel cielo.
Era un giorno triste, l'airone azzurro aveva atteso tutta la primavera di trovare la sua compagna, l'airone rosa, e anche per tutta l'estate ma non l'aveva trovata.
Era caduto nell'oblio.
In un giorno di nebbia di autunno aveva visto una macchia rosa e aveva chiamato il nome dell'amata tanto attesa.
Lei subito gli rispose chiamando il suo nome.
Nella palude, in un giorno di nebbia si erano incontrati, non aveva senso volare nel cielo assieme, tutto era grigio e non era come si era prefigurato una danza d'amore sui campi d'oro di un meriggio estivo ma uno straniante incontro nello sconforto dell'autunno.
Lui voleva lasciarsi morire, ma l'incontro con l'airone rosa l'aveva distolto da quell'intenzione.
Era venuto il tempo di migrare nei cieli del sud, oltre il grigio, oltre le brume, oltre il nulla, era il tempo di volare nelle immensità dei cieli della Savana, di attraversare il grande deserto.
Lui non le aveva neanche detto: ''vieni con me.''
Lei aveva già un piccolo.
Non poteva partire.
L'airone in quella serena giornata d'autunno, una delle ultime di cielo terso aveva visto le montagne invermigliarsi, e il sole aveva il colore del sangue che aveva tornato a pulsargli nelle vene.
Ma quel sole presto se ne sarebbe andato definitivamente.
Sogni di cieli azzurri nella Savana, questo aveva sognato.
Ora l'airone guardò nel lago e si vide riflesso per la prima volta.
Vide che non era azzurro ma rosa.
Fu confuso.
Andò dalla sua compagna e le chiese: ''Ma non sono forse l'airone azzurro?Di che colore sono?''.
''Certo che lo sei.'' Gli rispose.
''Ma non sai che gli stagni d'autunno sono magici e ti mostrano il tuo vero essere?''.
''Ti sei specchiata anche tu nel lago?''
Chiese l'airone azzurro.
''Quale lago, amore mio? Io mi sono specchiata in centinaia di laghi, e ogni volta avevo un diverso colore, una volta ero persino indaco.''
Disse lei.
''Non capisco.'' disse lui.
''Senti vieni con me e specchiamoci con il tuo piccolo, io voglio volare insieme a te nei cieli della Savana, io devo sapere quale sarà il nostro futuro.''
''No'', disse lei ''io non voglio conoscere il futuro, io ti amo, ma non posso partire, non potrei neanche sostenere il volo , morirei, e comunque ho il mio piccolo, non posso partire.''
L'airone azzurro era stanco, le nuvole passavano nei cieli e carezzavano le punte bianche delle montagne.
Il bianco gli piaceva, chiuse gli occhi e spiccò il volo verso le cime anche se i falchi potevano ucciderlo.
Quando fu vicino alle cime vide che una volta superate contenevano un lago enorme.
Volò sul lago e si specchiò e si vide grigio.
''Oh che colore orribile, questo è il mio futuro, diventerò l'ombra di me stesso, e prigioniero dei miei ricordi''
''Devo forse partire?''
Nelle acque c'erano pesci di diversi colori, e lui ne fu subito attratto, c'era un pesce rosa e lui si tuffò per pescarlo.
Lo prese.
Ebbe l'istinto di inghiottirlo.
Ma amava la sua compagna, e decise di portarlo a lei.
Oltrepassò le cime delle montagne e cercò di ritrovare la strada di casa.
Ma nella pianura tutto era grigio, chiamava la sua compagna disperato ma non la trovava.
Rimase un mese a vagare nella nebbia, ma non la trovava più.
''Che senso ha rimanere qui, non c'è più niente che mi lega alla landa desolata.
Io parto, devo vivere, morirò solo, morirò nell'azzurro, pensando a Te mia unica amata, e che il vento della stratosfera mi riporti a te, solo lui può tanto.
E l'airone partì verso l'azzurro e il sole d'oro a meridione.
Ogni alba e ogni tramonto erano una delizia e uno strazio.
Una delizia perché avevano il colore rosa della sua amata e forse tutto il grande cielo era il suo vero amore, uno strazio perché gli ricordavano la sua perdita.
E come era azzurro il mare sotto di lui.
E il sole diventava man mano più alto mentre viaggiava verso il meridione.
Quando fu la volta del deserto giallo egli fu estasiato da quella visone, le dune si buttavano nel mare e il deserto era così solo, eppure solo di una solitudine splendida, neanche solo, il cielo il vento e le nuvole erano suoi compagni e il sole il suo amante, esso si accendeva di oro quando esso sorgeva sopra di lui.
''La brezza calda del deserto, se solo tu mia amata potessi darti il calore della brezza del deserto.''
Ma lui sapeva che quel deserto non poteva superarlo, non ne aveva le energie per poterlo oltrepassare.
Era stanco e la brezza del deserto carezzevole, volò sempre più basso e il sole si spense in una miriade di nuvole rosa.
Pensò a lei mentre atterrava nel deserto bianco della Nubia.
Atterrò e si rese conto che non aveva le forze per superare il grande deserto.
''Io sto per morire di fame e di sete, voglio godere delle nuvole rosa, ognuna di queste mi ricorda lei.
Amore mio, io ti Amo, ma come faccio a dirtelo, tu penserai che sono partito per egoismo, ma io non ti ho più trovata, e ho cercato di vivere lo stesso, perché il mio amore era l'unica cosa che mi rimaneva di te, e volevo che vivesse il più a lungo possibile anche se era il mio strazio.
Ma io sono aduso alla sofferenza.
No, mento nessuno è aduso alla sofferenza, nessuno si può abituare al dolore.''
Ma in quel mentre vide una nube rosa e la guardò con gli occhi di chi vuole vedere l'ultima cosa che le ricordasse lei prima del buio totale.
Era già sera, il sole era tramontato ma la nube era rosa, di un rosa acceso.
Aveva il colore del sole dell'alba non del tramonto.
''Che vedono i miei occhi? Io non mi inganno, mille albe e mille tramonti ho visto, ma questa ha i colori dell'alba non del tramonto.''
E la nube si avvicinava a lui.
A quel punto guardò bene e vide che era un uccello, un uccello di fuoco, non ne aveva mai visti di simili.
L'uccello si posò vicino a lui e parlò:
''Io sono l'Araba Fenice, vengo qui a morire ma prima devo consumarmi e deporre il mio uovo di luce, da esso io mi rigenererò.''
''Quindi tu rivivrai?''
''Si, io rivivrò ma prima devo consumarmi del tutto e deporre il mio uovo.''
''Tu non hai un compagno?''
''Io vengo dal sole, egli è il mio compagno, io nasco e tramonto come lui.''
E detto questo si disciolse in una vampata di fuoco.
Sulle sue ceneri il suo uovo di fuoco.
L'airone aveva fame ed era disperato, mangiò l'uovo di fuoco.
La notte si stendeva sul deserto e le stelle luccicavano lontane.
Lui si disperò e si rese conto che ognuna di esse era un sole meraviglioso, ma tanta era l'infinità dell'universo che non potevano né conoscersi, né parlarsi, né rivelarsi i propri segreti.
Ma l'airone ebbe una strana energia e incominciò a volare verso il cielo nero.
Superò le nubi inargentate dalla Luna che era sorta.
Quando fu vicino alla Luna, la Luna gli parlò:
''Lascia a me i tuoi ricordi e qualcuno ti sognerà.''
Lui disse: ''No io posso lasciarti tutti i ricordi ma non quello della mia amata, quello rimarrà sempre con me.''
''Lo so '', disse la Luna, ''è così per tutti solo alle stelle devi donare il tuo amore perché gli occhi giovani dei nuovi nati amino come hai amato tu.''.
Lui acconsentì e volò oltre fino a che egli divenne fuoco puro e infine si dissolse e divenne una costellazione a forma di Airone.
Quel giorno stesso un ragazzo si trovava a rimirare il cielo, aveva finalmente passato un concorso che non passava da molti anni ed era tormentato perché doveva partire e abbandonare la sua amata.
Aveva trovato un pesce rosa in un negozio di acquari e voleva portarglielo come ultimo dono.
Vide quella costellazione e sorse la Luna, fu preso da uno strano languore e si addormentò.
Sognò di essere l'airone azzurro e visse ogni singolo momento della straziante vita dell'airone.
Si risvegliò sudato e corse alla casa dell'amata per portarle il pesce rosa.
Ora aveva un significato particolare.
Le portò il pesce rosa e la svegliò.
Lei ne fu sollevata.
Anche lei aveva visto la stessa costellazione e aveva sognato.
''Ho fatto un sogno orribile, ho sognato di essere un airone rosa, e di avere incontrato il mio airone azzurro nelle brume dell'autunno, si lui mi ha abbandonato perché io avevo un piccolo e non potevo partire con lui, io credevo che lui mi amasse, ma ha preferito volteggiare nei cieli del sud.
Non posso del tutto biasimarlo, perché quell'inverno è stato terribile, e appena lui se ne è andato tutti gli stagni si sono ghiacciati e non trovavo più pesce per il mio piccolo.
Ero rimasta per salvare il mio piccolo e farlo vivere, non mi importava più nulla della mia vita, ma stavo per perdere il mio piccolo.
Soffrivo tantissimo, il dolore è stato immenso.
Poi un giorno mentre vagavo fra gli stagni ghiacciati ho visto un pesce rosa e sono rimasta perplessa.
Cosa ci faceva lì fuori dall'acqua e stranamente non putrefatto?
Il mio piccolo stava per morire, e anch'io ero sul punto di morire, ma l'ho portato al mio piccolo.
Lui l'ha mangiato di tutto gusto.
Io ne ho cercati altri di pesci perché non poteva bastare, ma dal momento che io gli ho dato il pesce rosa il mio piccolo si è fatto sempre più vigoroso.
Quell'inverno era durissimo e io sarei morta se non avessi dovuto essere sicura che il mio piccolo vivesse, quel pesce però dev'essere stato un pesce magico perché il mio piccolo cresceva e si rafforzava.
Quando è arrivato lo zefiro della primavera, io ho sentito il calore di un bacio, che arrivava dal sud, come di un vento del grande deserto, e ho pensato all'airone azzurro che mi aveva abbandonata e ho visto una costellazione simile a lui.
Poi sono spirata.
Ero nel buio e nell'angoscia più totale e tu mi hai svegliata, ti ringrazio.''
Lui era attonito e le disse:
''Amore mio, ora ho capito tutto, io sono l'airone azzurro e non ti ho voluta abbandonare, sono andato oltre i picchi per uscire dal grigiore della nebbia d'autunno, e ho trovato un lago fra le montagne e ho pescato questo pesce rosa, lo volevo portare alla mia amata l'airone rosa, ma non l'ho trovata, per un mese l'ho cercata e ho chiamato il suo nome invano nella nebbia.
Ma non l'ho trovata, ho lasciato questo pesce nella nebbia nella folle speranza che lei potesse trovarlo e mangiarlo, in verità quel pesce era magico ed io me ne ero reso conto, e ho sperato che lei lo trovasse perché potesse vivere.
Io avevo molta fame e sono comunque partito per il sud, volevo morire volteggiando nei cieli azzurri sopra la savana, ma non ce l'ho fatta.
Sono atterrato nel deserto nella Nubia e ho incontrato l'araba Fenice che ha deposto il suo uovo di fuoco.
Avevo così fame che l'ho mangiato, così sono diventato un uccello di fuoco anch'io e anche se la Luna mi ha chiesto di lasciarle i suoi ricordi, io glieli ho lasciati tutti, tranne il ricordo della mia amata, sono andato verso le stelle e infine sono spirato.''
Lei tacque e uscirono insieme nel silenzio della sera, e guardarono la Luna e la costellazione dell'airone, si presero per mano e si abbracciarono.
Nessun commento:
Posta un commento