martedì 25 luglio 2023

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Era stato cacciato dalla tribù dei djinn.
Il deserto gli feriva gli occhi.
Ciò che aveva ferito loro era la ''cosa''.
Aveva camminato scalzo su molte terre prima di sentire parlare nel suo stomaco gli antenati.
La sua tribù non gli aveva perdonato di avergli mostrato quella ''cosa''.
La carne era buona e in particolare lo stomaco ne domandava e quella degli animali non sempre bastava.
La sua tribù era cannibale.
Un giorno suo padre era morto e giaceva fra le macerie di pietra di quello che un tempo era stata la dimora  degli dei.
La tribù piangeva e le donne si battevano il petto, per superare il dolore doveva fare ciò che avevano fatto tutti, mangiare la materia organica di suo padre come aveva fatto dei suoi simili.
Era una tribù che aveva di quelle usanze.
Il sacerdote aveva sentenziato:
''se non te ne cibi non parlerà nelle tue viscere, se non parlerà nelle tue viscere non parlerà in te.''
Ma lui aveva osato mostrare alla tribù quella ''cosa''.
Dopo che ne aveva mangiato si le sue viscere erano diverse e il sole splendeva strano.
Gli sembrava che la luce ondeggiasse, e come un ghirigoro nel cielo gli sembrava danzasse.
Cominciò a fare una cosa inaspettata, cominciò a cantare e a danzare, di un lamento sensibile e struggente, i suoi simili non credevano alle loro orecchie.
Più gridava e cantava la sua nenia e il suo lamento più i suoi simili erano diversi.
Si facevano attenti.
Una ragazza ne fu particolarmente colpita e corse a lui guardandolo negli occhi profondamente.
Gli porse una canna con dei buchi.
Lui preso da quella cosa che sentiva nelle viscere soffiò istintivamente nella canna quasi che dovesse dare voce allo spirito del padre.
Emerse una cosa nuova, una cosa melodiosa che dava un significato al loro dolore e persino li affrancava da quel dolore, da quell'ottundente pressione sui loro stomaci e i loro cuori.
Era tutto magnifico e liberatorio, ma la tribù si sentiva diversa.
Ora si sentivano coscienti.
Lui prese la ragazza per mano e la possedette mentre danzavano.
La tribù aveva cominciato questa cosa nuova della danza perché ora si sentivano coscienti.
Coscienti di esseri uomini.
Tutta la tribù aveva preso a lamentarsi cantare e soffiare negli strumenti.
Ora dalle viscere uscivano note pure che si contrapponevano al dolore cieco e sordo che foderava i loro cuori e si mescolavano persino con e loro emozioni, mostrando che con la nota l'emozione vibrava nell'aria liberando i loro cuori e rendendoli così liberi.
Il sacerdote era stupito e perplesso e sancì la cacciata di quei due sciocchi che si erano incontrati in un amplesso facendo loro sentire quei suoni melodiosi.
Il ragazzo aveva preso parte alle vecchie usanze cannibali della tribù, ma poi quella ''cosa'' chiamata ''musica'' era uscita dal ventre di quel giovane ragazzo e della sua nuova compagna e l'intera tribù danzava e si contorceva fino alle lacrime, i toni puri di quella magia musicale erano una blasfemia nuova perché insegnavano tante cose, tante cose ''così meravigliose'' che anche il dolore poteva essere bello, sopratutto esistevano i toni puri.
La tribù spaventata disegnava note numeri e lettere nella sacra polvere di sofferenza del deserto.
Stavano già imparando a leggere e scrivere e a fare di conto. 
''Questo non è permesso!La vita e la morte devono essere separate!'' urlò il sacerdote.
E cacciò il ragazzo e la sua giovane  nuova compagna.
Adamo ed Eva essi si chiamavano.
Così disse il sacerdote alla tribù dopo che li ebbe cacciati:
''Il serpente ha voluto renderli simili a Dio, ha insegnato loro l'esistenza dei toni puri, già essi si guardano e non vedono carne e sofferenza, né solo il disperato abbagliare del sole del deserto, ciò li distruggerà perché essi hanno avuto vergogna delle loro stesse carni di fronte al sensuale ritmo delle loro voci, di fronte al tono puro  essi hanno creduto di essere simili a Dio perché il loro cuore danzava di gioia nel buio della morte.''
Eva porse ad Adamo il flauto, ed egli lo suonò.
E come il suono era magico, gli occhi di Eva piansero e si aprirono, e lo vide per quello che era e lo amò.
Adamo non si capacitava del suo amore, né Eva della sua musica.
Egli le porse un cencio per asciugarsi le lacrime ma lei se lo mise sul sesso che lui le aveva penetrato, pensando che...
''così era struggente quella musica che adesso ho capito''.
Aprì gli occhi.
''La mia carne porta in grembo sia la vita che la morte.''
E ne fu turbata e si coprì.
Forse il sacerdote aveva ragione, non dovevano fare ciò che avevano fatto, ma oramai era troppo tardi, i toni puri erano penetrati nei loro cuori.
''E Dio aveva permesso loro di cibarsi dell'albero della vita, ma non dell'albero della conoscenza del bene e del male.''
''La vita dipende dalla morte'' le disse Adamo con occhi vitrei mentre lei si copriva il suo sesso sentendo che la morte era entrata da lì.

Titolo:Musica peccato originale

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