Che Guevara,Marylin Monroe,Kurt Kobain,James Dean questi ''miti'' non mi sono mai piaciuti,essi sono venerati come miti esclusivamente per il fatto che sono morti giovani,alberi dai bei fiori i cui frutti nessuno ha mai saggiato perchè tagliati prima di entrare nell'autunno della vita.
Nella parabola Castro-Che Guevara c'è da una parte il mito,il bel fiore morto prima di dare un frutto amaro,dall'altra la realtà,il frutto colui che si è disvelato per quello che realmente è:un dittatore.
Non c'è una differenza ontologica tra i 2 se non nella maggiore avvedutezza del primo ragion per cui la mia stima va senz'altro a Castro che ha difeso il popolo cubano nell'onta del mondo fino all'ultimo dei suoi giorni.
Quest'ultimo ha affrontato qualcosa di più terribile della foresta boliviana:il crollo del suo impero,del suo sistema di valori,di tutto ciò in cui credeva,e non ultimo il disfacimento di sè medesimo.
Per questo io dico,che gli uomini hanno inventato la guerra come escamotage per difendersi da questo ''compimento'' degenerativo della vita.
Hanno fiutato l'insenso della vita e gli hanno preferito una morte eroica,hanno voluto cercare l'immortalità nel marmo di statue sempre giovani che li commemorano.
Giulio Cesare stesso è andato consapevolmente incontro alla morte,in questo modo un pugno di uomini,anzichè l'intera Roma l'ha ucciso.
Se avesse perseverato nel vivere sarebbe stato esiliato da Roma come un reietto,ora invece Cesare è sinonimo di grandezza.
La grandezza è appunto la scelta del momento più opportuno di chiudere il sipario.
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