venerdì 28 agosto 2020

Wstawac

ALZARSI

Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve sommesso
Il comando dell’alba:
“Wstawac”;
E si spezzava in petto il cuore.

Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre è sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
“Wstawac”.

PRIMO LEVI, La tregua, 1963

...

Torino 11 Aprile 1987

Primo Levi si desta con sempre la medesima sensazione di angoscia.

''Oggi è primavera,una giornata di pioggia non cancella i ricordi.

L'acqua, scorre sulle finestre e quasi mi sembra di poter dimenticare.

Ma non ci riesco.

Nella pioggia strisciano i vermi nel fango.

No, io non sono sopravvissuto.

Forse mi sono sbagliato, forse devo essere morto anch'io.

Questa non è la vita, non so se sia l'aldilà, ma io sono già aldilà.

Forse sono morto anch'io, ma non ho la forza di ricordarmelo.

Oh mio Dio, a chi donerò il mio amore, in questa terra di fantasmi?

Danzano ritmicamente, riempiono le strade il sabato sera, le luci elettriche li illuminano, è solo una danza di fantasmi.

In verità io mi sto sbagliando.

Forse questo, è solo un grande sogno.

Il sogno che tutti i condannati al gas fanno, prima dell'urlo:''Wstawac!'' che li desterà e li condurrà a morire nella camera a gas come vermi.

E' solo un sogno il mio, in verità sto sognando di essere tornato a casa, di avere il ventre sazio.

In verità nulla  di tutto questo mi pare reale.

Basta, io non voglio più sognare o altrimenti l'urlo della bestia mi dilanierà.

Devo prepararmi alla mia morte.

Pregare il mio Dio che mondi la sozzura e che accetti noi vermi nel fango della vita al suo cospetto.''

Primo Levi si tolse gli occhiali.

E a quel punto sentì la tenebra più profonda.

Il mondo che stava sognando era solo una calda illusoria isola nel mare gelato del fango del Lager.

E a quel punto salutò la vicina sul pianerottolo, aspettò che ella entrasse nel suo alloggio.

Poi una volta che la porta fu chiusa, e il catenaccio tirato, lui capì.

''Tutti hanno paura di me, tutti mi disprezzano, non sanno che farsene del mio dolore, questo finto sogno è forse peggiore della realtà del Lager.''

Ma quella porta sbattuta con forza, lo scosse e l'anima gli uscì dal petto, per un attimo si trovò a galleggiare vicino all'algida luce bianca sul soffitto del pianerottolo.

E si disse: ''Io non so cos'è un uomo, forse non lo saprò mai, nessuno saprà mai cos'è un uomo ma io oggi ho scelto che non striscerò più nel fango.''

E a quel punto disse a se stesso ad alta voce: ''Wstawac Primo, alzati, destati dal sogno.''

Ed ebbe un moto di disgusto: ''sono diventato l'SS di me stesso''.

Allora salì sulla ringhiera e non si perdonò questa crudeltà nei confronti di sé stesso.

Si gettò nel vuoto mentre già si sentiva morire.

Ma proprio in quel momento si risvegliò dall'incubo, l'eternità scorse in un istante e l'intero universo divenne una camera a gas e i suoi abitanti si agitavano come vermi, tranne uno, una ragazza bionda che disegnò nell'immensa prigione del cielo una nebulosa a forma di farfalla.

E lui la abbracciò, e finalmente poté piangere.

E morirono insieme, gli abissi neri dell'universo entrarono nel loro sangue.

Il gelo totale assoluto irrigidì i loro corpi che si arcuarono, e infine dalle loro carni dilaniate uscirono due farfalle multicolori.

E volarono insieme in una giornata di primavera rincorrendosi in una danza d'amore.

...

Quando l' SS venne per gridare Wstawac tutti si destarono nel lager, ma Primo Levi no.

Lui urlò di nuovo, poi gli diede un calcio.

Ma si accorse che era oramai un rigido cadavere.

Niente, era inutile portarlo nella camera a gas.

Lo sollevò da terra e vide che sotto il suo corpo c'era una farfalla.

Lei volò via dalla finestra.

L'SS sputò per terra.

Ora si era destato davvero.


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