lunedì 20 giugno 2016

No,la guerra non è stata inventata dagli uomini (maschi),ma dagli Dei



''"Hana wa sakuragi, hito wa bushi" (花は桜木人は武士) "tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero".
Benchè lontano migliaia di chilometri dal guerriero romano,quello giapponese ne condivideva la filosofia,trovare l'estetica nell'impermanenza della vita,impersonata poeticamente dai fiori di ciliegio.
   
                                                                                                                                 


Avete mai sentito il ritornello femminista,  che la guerra è una cosa maschilista, inventata dai maschi cattivi e aggressivi e  abolita dal nuovo fantastico mondo delle donne buone ed empatiche ?
Sia detto per inciso,questo post non si propone di ”esaltare la guerra”, ma soltanto di permettere al lettore di togliersi gli occhiali della società presente e moderna per poter meglio osservare un fenomeno passato.
Questi moderni aedi della pace non capiscono una cosa,semplice,semplice:
oggi la sopravvivenza media è di 80 anni,ai tempi dei primi Romani era sulla trentina…
Ora, cari moderni, fate uno sforzo di immedesimazione, provate a immaginarvi romani del 700 a.C.
, tu,antico romano vedevi che eri appena ”maturato” e tutti intorno a te erano morti,  ogni giorno era quello buono per crepare…

Era un tempo in cui si moriva senza esser vecchi, e fu allora, che questi nostri arguti antenati, escogitarono un’escamotage, non per dare alla morte un senso, ma per alleviare la sua tragicità:
Sapendo che sarebbero dovuti morire di lì a poco, si  inventarono così la guerra, per dare alla morte un volto umano, accettabile, non quello impersonale e morboso della morte che uccide i malati nei letti, il suo volto invece doveva essere quello luminoso e praeclaro della morte gloriosa in battaglia…
E’ cosa nota come il teatro nell’antica Grecia, avesse una funzione catartica, con cui l’uomo, esecrava le proprie tragedie ”recitandole”, ”drammatizzandole”, e dandogli un volto, o meglio una maschera…
perché ciò che terrorizza di più l’uomo è il rapportarsi con un nulla che non può essere esperito dai nostri sensi umani.
Allo stesso modo, questa è la nostra tesi, la guerra  per i Romani  era ciò che il teatro era per i Greci:
il suo incarnarsi nel mondo degli uomini, in un modo finalmente estetico e dunque gradito agli Dei e agli uomini.
La guerra per gli antichi Romani era l’estetica della morte e a sostegno di questa ipotesi c’è il termine stesso che la designa presso quel popolo, ''Bellum'', che ai nostri giorni è rimasto nella sua accezione di ”bello”,  ”estetico”.
La guerra era il teatro della morte, la sua drammatizzazione, il bellum, quindi, era il culto della bella morte, la ricerca di una ”maschera” sufficientemente accettabile da far indossare alla morte, che notoriamente, come nella favola della morte rossa di Poe, sotto questa stessa maschera  nasconde un nulla inquietante…
Solo che la morte rossa, ovvero la morte per malattia è una maschera esecrabile e invisa a tutti, invece la morte che indossa i panni dell’eroe che muore in battaglia è una maschera che permette al trapasso di manifestarsi in un modo gradito agli uomini e anche agli Dei,da qui l’idea che gli eroi ascendessero nei campi elisi per stare insieme agli Dei se morivano in modo glorioso in battaglia.
Ripeto:La guerra per loro era teatro,il teatro della morte.
In ogni caso ci permettiamo di precisare per non essere fraintesi, fu a torto che Evola tentò di reimpiantare un culto guerriero nell’epoca moderna, perchè oggi i giovani vivono, e dunque si muore vecchi, e i vecchi perdono il loro talento,
i vecchi non sanno fare poesia e morire in modo ”poetico”,
i giovani sanno che possono vivere,e dunque vogliono vivere, e hanno ragione a voler vivere, se gli viene data ”vita”,anche se dolorosa, perché teatralizzare la morte?
Una cosa che loro percepiscono come lontana e che non li riguarda, essi giustamente vogliono vivere, perché a differenza dei loro progenitori sanno quasi certamente di poterlo fare.
Ora poi che con la tecnologia gli uomini si sono resi sciaguratamente simili agli dei, la morte in guerra somiglia inquietantemente a quella per mano del  fato, della vecchiaia, della malattia…
ne sanno qualcosa quei samurai, quei cultori della bella morte d’oriente, che dalle ceneri di Hiroshima, hanno dovuto apprendere che sarebbero dovuti morire, coi loro corpi butterati, niente più che come dei lebbrosi, colpiti da un male oscuro  sceso da un sole di morte, acceso da uomini sempre più simili agli Dei che eseguono le loro condanne in modo implacabile, contro cui non si può ”combattere”.
E allora la morte torna a essere quella di prima, l’insenso vuoto, l’impossibilità di combattere contro forze che superano la nostra volontà di milioni di volte, che ci uccidono dall’interno, un nemico spaventoso, tanto più che, nuovamente, non possiamo guardarlo in faccia.
Con Hiroshima finisce un’epoca, la guerra viene a questo punto, a ragione, maledetta per sempre, ma se questa maledizione viene fatta cadere stupidamente sul mondo antico, non si è in grado di concepire a posteriori il senso delle civiltà che ci hanno preceduto,
ma d’altronde forse alle femministe moderne non interessa neanche CONOSCERE il passato, ma semmai ”controllarlo”,perchè come giustamente intuì Orwell,chi controlla il presente,CONTROLLA il passato;
MA NOI DOBBIAMO ESSER SAGGI E RIBALTARE L’ASSIOMA:
SOLO UNA ADEGUATA CONOSCENZA E COMPRENSIONE DEL PASSATO, CI LIBERERA’ DALLA SCHIAVITU’ DEL PRESENTE,E RIAPRIRA’ FINALMENTE NUOVI SPIRAGLI DI SPERANZA NEL FUTURO.

Questa in realtà è una dedica alla mia professoressa (di storia dell’arte) femminista delle medie,che ci guardavi con diffidenza perché maschi,
e ti chiedevi come fosse possibile che gli antichi romani costruissero opere d’arte così sublimi e al tempo stesso fossero dei ”barbari guerrieri” ,non capiva,costei che questa non era una contraddizione, ma due aspetti indissolubili della stessa matrice, il culto dell’estetica,nel vivere e nel morire.

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