Mi chiesero se volevo prendere parte a un volo interstellare per vedere se c'era vita nell'universo.
Io non so bene perchè la gente e pure uomini che si definiscono di scienza dicano che non si possono raggiungere galassie lontane perchè distano milioni di anni luce da ''noi'' quando la teoria della relatività ha svelato che piu' ci si avvicina alla velocità della luce e piu' ci si avvicina all'eternità.
Il tempo rallenta esponenzialmente per chi si avvicina alla costante C la velocità della luce.
Un giorno, un giorno non qualunque mi chiesero se volevo partecipare a questo volo interstellare.
Non ho mai capito il senso di questa ''missione'', sapevo perfettamente io che avrei abbandonato non solo il mio pianeta, ma avrei abbandonato anche ogni speranza di ritrovare la mia ''epoca''.
I viaggiatori nello spazio lo sono anche nel tempo.
Ma a me non interesso' molto di questo.
Avrei avuto il controllo del mezzo per spingerlo ovunque e riportare ciò che ho visto, a CHI?
E QUANDO?
Tutto nella mia volontà.
Tutto nel destino.
Era affascinante.
Perchè portava le due leggi delle vita a coincidere, come nella morte.
A dirla tutta confesso, io non volevo tornare.
Sono un Ulisse moderno, sono fuggito da questa Itaca impazzita, da questa cosa che si autodefinisce umanità.
Sono fuggito.
Da voi, da tutti, quelli che sono miei simili, che io non riuscivo a riconoscere come tali.
Avevo bisogno di mondare la mia anima dal disgusto che mi provocava l'umanità.
Ero un Ulisse strano, un Ulisse, il vero Ulisse.
Il mio mare?
Credevo sarebbe stato il buio assoluto degli spazi siderali.
Lo confesso, era una sorta di alternativa al suicidio.
Una roulette russa cosmica.
Se mi andava male, sarei morto, anche se ero vivo.
C'erano miliardi di proiettili nel caricatore del cosmo, forse trilioni, non lo so, non so quantificare il numero, l'avrei potuto concepire solo dopo.
E solo una salva.
Non molto diverso dalla morte.
Una morte che però avrei visto con i miei occhi e del resto chi di tutti questi miliardi di ''umani'' è veramente tornato a dirci qual' è l'unica salva nel revolver del cosmo?
Ma volevo fuggire dall'umanità e alla fine sono stato esaudito.
Ho pilotato diverse volte il mio mezzo dinanzi alla Terra, oceani, il Mediterraneo stesso, pensando, è stato tutto qui il tuo viaggio Ulisse?
Bello?
No snervante, avevo mal di stomaco a guardare la Terra così dall'alto, mi creava un fastidio lancinante, non starò a dire che non c'era Dio nel cielo, perchè quegli astronauti di un tempo hanno solo fatto la pipi' nel cortile di casa, per poi tornare.
E tutti volevano tornare, anche chi non è tornato.
In un lampo ho deciso che tutto questo andava abbandonato, ma credetemi ho fatto fatica a pigiare il pulsante di avvio, molta fatica.
Anch'io volevo tornare.
E sono tornato.
Ho pilotato il mio mezzo verso l'isola di Itaca, quella di Ulisse, per cercare il senso di quello che stavo facendo, sono tornato, e sono atterrato sull'isola.
Con una certa soddisfazione ho aperto lo sportello e ho preso una boccata d'aria.
Ho guardato il Mediterraneo, il suo vento che modella i lecci e i pini.
Ho pisciato su uno di quelli.
Ho preso una foglia e l'ho buttata da un alta scogliera nel mare.
Il vento e il profumo dei pini scendeva dall'alto, il mare era un iride blu che guardava nello spazio al di sopra.
Il cielo il cristallino con cui lo metteva a fuoco.
Non ero molto propenso ad andarmene da tutto questo, la foglia infatti quando scesi dalla scogliera era tornata a riva.
Chiusi gli occhi e li riaprii guardai il mare.
Non era quella pozzanghera che avevo visto dal di sopra?
Tutti i suicidi indugiano, si dice.
Ma guardai il mare e mi risposi, NO.
Potevo prendere un veliero e sarebbe stato comunque una sfida all'infinito.
Ma vidi la sua immensità e mi inebriai a tal punto che...
Presi la foglia entrai nell'astronave chiusi lo sportello, chiusi gli occhi e pensai al mare, pigiai il pulsante 0,99 C.
Ero partito, riaprii gli occhi e si, capii Ulisse.
Mi girai a vedere la Terra, e bom sparita nel buio profondo.
Ulisse , pensai, parti' di notte.
Non era possibile fare diverso.
Non doveva volgere lo sguardo a Itaca se voleva lasciarla, ma tutti vogliamo tornare, ma non adesso.
Mi sentii avvolto dall'oscurità.
Aldilà del display luminoso che mi indicava la posizione non c'era luce nell'abitacolo.
C'erano diverse finestre nel mio veliero, e io pensai di tentare il gioco del buio.
Presi una torcia e la puntai nel nero assoluto per vedere il buio.
La luce illumina solo se c'è qualcosa da illuminare, il buio è pieno di luce sembra buio, ma la luce è sola nello spazio vuoto, desolatamente vuoto, non c'è nulla da illuminare.
Non è così per l'amore?
Ami, una torcia immensa si accende, una stella, milioni di stelle solitarie che illuminano il nulla.
E il nulla è buio.
Pensai, pensai, pensai.
Ma io ero nello scrigno in cui volontà e destino sono custodite.
Come per ogni uomo.
Solo che il mio corpo, la mia vita e la mia morte erano il TUTTO, l'universo il mio corpo.
Sentii di amare, non so chi o che cosa, forse me per la prima volta, dopotutto l'eternità era il mio respiro e l'universo intero il mio corpo.
Pensai a tutte le volte che mi era caduto un orologio.
C'era forse un nesso?
Un significato.
Pensai pensai pensai.
Finchè gli occhi non mi si aprirono.
Vidi il cielo stellato, un cielo così terso che non avevo mai visto.
E mi resi conto che col bagliore delle stelle potevo vedere.
Ma si muovevano, lentamente.
Non avevo intenzione di avvicinarmi ad alcuna di esse, il mare aperto, il cielo aperto, ha il suo fascino.
Dimenticare, come si puo'?
Amori ed orrori, questo era la sintesi della mia vita.
Proviamo a dimenticare.
Aumentiamo 0,999 C.
Usci' dalla galassia come si esce da un villaggio illuminato da lampioni nella notte.
Viaggiai per qualche minuto, milione di anni luce, ed ecco che entrai velocemente in Andromeda.
Rallentai a 0,991 C ed era divertente, ero ritornato in un altro villaggio e i lampioni delle stelle mi passavano dinanzi uno a uno, illuminando l'abitacolo come quando si viaggia su una strada di notte.
Curioso.
Non volevo cercare vita anche se il display mi aveva segnalato almeno qualche centinaio di milioni di pianeti dotati di acqua, di oceani, altri mari altri velieri potevano solcare quelle onde e io ciondolavo ubriaco fra la stelle come lampioni.
Me li ero lasciati alle spalle senza neanche potere e volere capire cosa significasse.
Avevo bevuto uno strano liquore.
Il liquore del TUTTO.
Dell'infinito per risultare piu' poetici?
No, non era l'infinito, l'infinito è tale solo per chi rimane a sognare fermo dietro a una siepe.
Non è il mio caso, purtroppo o menomale.
L'infinito di Leopardi era una pallina iridescente di stelle con cui giocavo come un gatto toccandola con la zampa, lanciando la mia nave a folli velocità, per poi rallentare e riprendere a giocare con quella palla.
Non mi era dolce naufragare in questo mare perché io non ero un naufrago, ma un marinaio in poppa al vento dell'eternità.
Ho chiuso gli occhi di nuovo.
Certo che noi umani abbiamo praticamente un solo senso, la vista.
Bene, il gatto gioca con la palla dell'infinito 0,99999999 C.
Per qualche secondo mi sentivo il predatore di quel topo minuscolo dell'universo e me lo potevo ingioiare tranquillamente.
Finchè mi resi conto di avere ingoiato uno strano boccone.
Una specie di fungo allucinogeno.
Cosa vedono i mei occhi?
Le galassie formavano strambe forme di cui non trovavo parole per descrivere, a volte sembravano fiori, ma non fiori veri e propri, a volte , bho era come essere stati inghiottiti da un qualche pesce preistorico subacqueo fosforescente di cui vedevo le interiora, ossa, fanoni?
Non riuscirei a dire, e poi di nuovo infinite immagini che si rivoltavano le une nelle altre, cercavo similitudini in qualcosa di conosciuto guardando un dettaglio finché non si trasformava in un altro, e non so spiegare, non posso spiegare, non è niente che una mente ''umana'' possa immaginare...
O si?
Era una specie di psichedelico l'infinito?
Un viaggio nella mia mente?
Nella sua infinita potenza creativa?
Chiusi gli occhi e provai a viaggiare con la mente e ubriaco com'ero diamine vedevo infiniti strambi paesaggi cangianti di foreste luminose di alberi dalle forme, oddio, non alberi, qualcosa di simile e poi, bho, c'era qualcosa di familiare in queste strane forme, mi ricordavano vagamente, non so, ho studiato medicina, sembravano proteine di membrana, c'era come una superficie e questi immensi strani alberi che bho, non so il CD51, l'acido sialico, oddio, ma cosa stavo vedendo, una cellula?
Ero di fronte all'infinito o a uno straordinario microscopio elettronico.
Mi allontanai, verticalmente a quelle strutture aumentando la velocità e diamine, ero di fronte a un globulo rosso.
Mi fermai.
Bho credo di avere intuito qualcosa.
Forse...
Forse sono dentro me stesso...
Aumentai la velocità e vidi strutture anatomiche che oddio, bho.
Fino a che uscii e vidi...
Un gatto, un gatto che giocava con una pallina di carta.
L'infinito è molto finito.
Volai ed aumentai la velocità fino che mi trovai al di sopra di un pianeta che aveva oceani e continenti.
Non era la Terra, ma aveva la stessa struttura, continenti, deserti foreste, oceani.
Mi dissi, sono su qualcosa di simile alla Terra.
Trovai città in tutto e per tutto simili a quelle terrestri ma distrutte e divelte dalla vegetazione, con animali molto simili a quelli terrestri.
Alcuni identici altri, no, diversi.
Atterrai su un isola simile a Itaca, una scogliera sul mare azzurro, usci dal portellone e ispirai aria, inspirabile e simile a quella della terra.
Ero molto perplesso.
Presi una foglia di un albero che sembrava a tutti gli effetti un leccio e la lanciai nel mare, e tornò a riva.
Non capivo.
Fui preso dalla disperazione ed ebbi l'impressione che l'infinito fosse una finzione.
Mi distesi sulla spiaggia e attesi il calare del sole.
Una volta che ero solo davanti alla riva dell'oceano notturno, sebbene avessi torce elettriche accesi un fuoco con dei rami secchi che accumulai, mi faceva stare meglio.
L'oceano mi dava la stessa dimensione di infinito, ma pensai a quella pallina di carta e al gatto.
Dio si fa beffe dei nostri languori di fronte agli infiniti spazi, si possiamo solo sognare l'infinito seduti di fronte a una siepe e fermi.
Beati i poeti di altri tempi, io ho paura di avere infiniti universi dentro di me.
Sono come quel gatto.
Gioco stupidamente con la mia zampa astronave con la pallina dell'universo senza capire, senza veramente volgermi a un cielo vero.
E mentre pensavo a questo notai che la fiamma parve per un po' di tempo non dare piu' calore.
C'era qualcosa di strano, sentii uno strano rumore come di qualcosa che si muoveva nel mare, vidi della spuma e mi sembrò di vedere una creatura emergere.
Per poi sparire nelle profondità oscure.
Mi era sembrata una sagoma umana.
Chiusi gli occhi e mi abbandonai veramente, sentii un impulso a fare una cosa contro natura.
Mi immersi nelle acque disperatamente cercando qualcosa di umano, sprofondai e notai come quest'acqua non facesse annegare e entrasse nei polmoni dando ossigeno al mio corpo.
Camminai per ore nel fondale fangoso degli oceani, finchè vidi un tempio greco e una strana rilucenza uscire da esso.
Entrai e trovai un grande immenso braciere.
Quel fuoco bruciava sotto l'oceano.
Feci per entrare nel braciere finchè una mano mi fermò.
Mi girai c'era non solo un essere umano, ma una copia di me stesso.
Ebbi una sorpresa incredibile.
Mi vide incredulo e dopo avere parlato in un idioma sconosciuto con un altro essere identico a me.
Lui mi parlò nella mia lingua:
''Devi essere uno di quelli che è partito per le stelle, hai trovato vita aliena?''
Chiesi.
''Hai trovato vita aliena, cosa hai visto?''
''Sono partito dalla terra mi sono allontanato dalle galassie per poi ritrovarmi in una cellula, per poi ritrovarmi nelle interiora di un gatto per poi...''
''Basta''
Egli soggiunse.
''Ti ho chiesto se hai trovato vita aliena?''
''Non riesco a rispondere bene, no, non mi sembra di averla trovata.''
Mi fermò.
''Bene.''
''Hai capito?''
''No'' risposi.
''Hai cercato vita aliena, o sei solo fuggito dalla Terra e da te stesso?''
Chiese il ragazzo.
''Sono fuggito da me stesso.''
''E cosa hai trovato?''
''Non so.''
Tu davvero volevi morire, sei sicuro di voler morire, la fiamma che consuma davvero è lì.
''La fiamma che consuma tutto è lì, vuoi entrare e vedere sul serio ciò che non può essere visto, vuoi la morte, vuoi abbandonare tutto?''
Risposi: ''temo non sia possibile''.
''Lo è invece.''
''Vuoi entrare nella fiamma?''
''No voglio prima capire.''
''Dici di voler capire, ma non vuoi altrimenti entreresti nella fiamma''
Rispose laconico il ragazzo.
''Vuoi morire si o no?''
''Cos'è la morte?'' chiesi.
''Noi non abbiamo spiegazioni.''
''Ti abbiamo fatto una domanda però.''
''Quale?''
Chiesi io.
''Hai trovato vita aliena?''
''No'' gli risposi.
Il ragazzo identico a me stesso mi diede un pugno che mi fece volare per terra.
''Hai trovato vita aliena?''
Stetti zitto.
L'altro ragazzo identico intervenne.
''Credi forse che siamo umani?''
''Lo sembrate a tutti gli effetti, ammesso che io lo sia''
Il ragazzo che gli aveva tirato un pugno, lo tirò su.
E gli disse.
''Non c'è fuga alla condizione umana.''
''Anche se siamo alieni.''
''Ognuno di noi ha tentato il tuo stesso esperimento, ognuno di noi ha tentato di fuggire dall'umanità e veniva da pianeti diversi dal tuo ed eccoci qua, l'umanità, di quelli che hanno tentato di fuggire dall'umanità pigiando un bottone e scagliandosi verso l'infinito''.
''Non capisco.''
''L'infinito è dentro di te''
''Perchè?'' chiesi.
''Li è il perchè.''
E indicò la fiamma.
''E' l'unica possibilità di morire in questo mondo''.
Se ne andarono e mi lasciarono solo.
Mi avvicinai e fui tentato di entrare.
Mi fermai ed uscii dal templio.
I ragazzi stavano sulle scalinate.
''Non sei entrato?''
''Questo mondo è inverso al tuo, qui siamo eterni qua tutti possono scegliere la morte ma nessuno la sceglie, capisci perchè non c'è fuga dalla condizione umana?''
''No.''
''Perchè nessuno è umano, nemmeno tu sciocco.''
''Cosa vuol dire essere umani?''
''Essere umani...
''Vuol dire confrontarsi con l'altro da se, per capire cos'è ''se''''
''Ma voi non siete altri me stesso?''
Chiesi?
Lui mi interruppe.
''Ti sembro identico a te?''
''E allora ti sbagli.''
''Sono confuso''. Dissi.
''Ma non ti rendi conto, che noi si siamo identici, ma siamo te stesso, eppure siamo diversi, non hai ancora capito, che la contraddizione dell'umanità e che dentro di te non c'è solo l'umanità intera, ma di piu'?
''Che ognuno di noi è immensità di personalità diverse è dentro te stesso?''
''E allora che cos'è l'altro?'' Chiesi.
''La possibilità di scoprirlo, di scoprirsi, ad ogni essere umano diverso che incontri.''
''Noi siamo raggi di luce, e l'umanità è il prisma, senza di essa, noi non conosceremo noi stessi.''
''Ma scusa non capisco che differenza c'è tra noi e l'umanità?''
''L'umanità ha la possibilità di scoprire se stessa, noi no, quando un umano scopre se stesso, può finalmente morire, noi siamo l'immensità dentro te stesso che non potrai mai conoscere realmente, siamo solo uno specchio in cui emergono le tue smorfie. senza che tu possa realmente conoscerle, l'altro è ciò che ti spiega ognuno di noi, il prisma, noi un raggio di luce.''
''Vuoi ritornare umano?''
''No.''
''E allora attendi per l'eternità di entrare nella fiamma.''
''Provai l'istinto di dire che ero diverso da loro e che sarei entrato nella fiamma ma non perchè mi interessasse conoscere me stesso, ma per puro dispetto.''
Gli altri mi guardarono e risposero: ''abbiamo intuito i tuoi pensieri perchè sono anche i nostri, un giorno dicono che entreremo tutti assieme, questa è la nostra religione, ma di miliardi che ne sono venuti nessuno è mai entrato, io sono diventato ateo.''
''Siamo perduti per l'eternità.''
''Dici?''
Gli chiesi.
''E se io ritentassi di entrare nell'astronave, per scoprire altre cose o tornare sulla Terra?''
''Se fuggi dagli altri, fuggi da te stesso, se fuggi da te stesso, fuggi dagli altri, giocare con l'infinito come la palla col gatto, è solo una perdita di tempo, smettila di fuggire, non troverai altro che te stesso, senza la possibilità di conoscerti, continuare così per l'eternità e sarai sempre qui, dentro di te.''
Mi accomiatai pensando che in fin dei conti, scoprire me stesso non mi interessava e nemmeno agli altri me, diamine siamo poi davvero così diversi?
Tornai a riva e guardai le stelle l'infinito era così bello, guardai il mare e vidi che era piatto e lo specchiava.
''La mente è uno specchio''.
Guardai nel mare e vidi la mia immagine, feci mille smorfie, potevo essere tutti, non trovavo nulla.
Vidi il gatto che giocava con la pallina di carta e gliela tolsi e la buttai nell'acqua.
Lo guardai negli occhi, lui guardò me, mi fece le fusa, guardò nell'acqua, non so se vide la sua immagine ma la ignorò e si tuffò nell'acqua per ripescarla.
Questa umanità mi aveva già rotto le palle con i suoi discorsi del cazzo e somigliava molto all'umanità che avevo voluto abbandonare, tutti uguali e tutti che si credono diversi.
Presi l'astronave pigiai il pulsante e ripartii per un altro viaggio nell'infinito.
Che me ne frega di me stesso.
Sono noiosi.
Mi piace davvero l'infinito?
Si, e infatti presi il gatto con me e la sua pallina.
Non sia mai che debba di nuovo annoiarmi con altri babbioni come questi.