venerdì 28 ottobre 2022

La sigaretta

 C'era un uomo la cui compagna si lamentava sempre che fumava.

Gli diceva di smettere e lui rimandava sempre quel giorno.

''Mi avevi promesso di smettere'', si lamentò lei.

Un giorno si disse:

''in fondo fumare, non fumare che differenza fa?''

''Non è forse solo un rito?''

''Non mi interessa dimostrare niente, non è questione di accontentarla, è che ho cominciato a fumare per la curiosità di sapere cosa si prova a fumare, ora vorrei provare a capire cosa si prova a smettere.''

Iniziò una dura battaglia con non si capiva bene cosa.

Era intangibile questa cosa che sentiva mancargli e la trovava nella sigaretta.

Sentiva un certo nervosismo, era come se la sigaretta fosse solo il punto più sottile di una clessidra contenente la nuvola di fumo della sua inquietudine.

Una inquietudine impalpabile e aerea come il fumo.

Tu provi ad afferrare una nuvola di fumo, che cosa acchiappi?

Il niente.

Cominciò a riflettere sulla sua dipendenza.

In sé e per sé somigliava a un temporizzatore.

Le sigarette, le ore segnate sull'orologio vuoto del tempo.

La sua inquietudine, la lancetta di questo orologio vuoto.

Passava il tempo e a fare rumore era il silenzio dell'assenza di un qualcosa che dividesse un ora dall'altra.

Il tempo era come il fumo.

Inafferrabile.

Non era in fondo questa la verità che gli stava mostrando l'astinenza dalle sigarette?

Il fumo era tangibile?

Come si poteva misurare il tempo se nulla fosse cambiato?

Si muoveva avanti e indietro per il corridoio.

''Ora'' rifletté ''la clessidra è il corridoio in cui vado da una parte all'altra.''

Il tempo sembrava l'inquietudine di un qualcosa di vivo che non sopportava la stasi dell'immobilità e giocava all'infinito con i granelli di sabbia del deserto di una esistenza infinitamente vuota, grande e vuota come solo il deserto può essere.

Dopo un mese che aveva smesso di fumare e ancora l'inquietudine lo perseguitava la compagna lo lasciò.

Aveva insistito perché lui smettesse per anni e ora che lui aveva smesso, o meglio, si era sforzato di smettere, lei con un gelido comunicato sul cellulare gli annunciava che era finita.

Non poteva essere un caso, si disse dentro di sé.

Uscì dal corridoio e andò fuori sul terrazzo di notte.

Le stelle del cielo lo stupirono.

Si accese una sigaretta e navigò nel mare dell'infinito incomprensibile.

Si disse dentro di sé che la sigaretta e la vita si somigliavano.

Il serpente scivola ritmicamente formando una sinusoide sulla sabbia dell'infinito deserto senza vita, granelli di sabbia abbandonati a movimenti caotici senza un ritmo, il vento, il dio cieco o onniveggente che li muoveva entro geometrie incomprensibili o forse inesistenti.

Invece lui, il serpente vivo che strisciava in modo ritmico, alternando ritmi diversi, o anche fermandosi e riprendendo il suo movimento.

In fondo il moto circolare e totalmente ritmico della Luna, del Sole e degli altri astri del cielosopra era altrettanto morto di quello assolutamente caotico e impredicibile dei granelli di sabbia del deserto sotto.

La vita sembrava un equilibrio instabile tra il caos dei granelli di sabbia mossi da un vento insondabile e danzeranno e la precisione regolare e altrettanto senza senso degli astri destinati a muoversi in un cerchio maledetto come asini con il paraocchi attaccati alla macina infinitamente pesante dell'universo.

La loro grandezza era pari solo alla loro incoscienza ed esattamente lo stesso per la piccolezza dei granelli di sabbia.

L'universo pareva una clessidra in cui l'infinitamente grande, regolare e incosciente, le stelle del cielo al di sopra erano nella parte alta della clessidra, per scivolare nell'imboccatura centrale della vita e dell'uomo, essere cosciente solo per un istante, per poi diventare i granelli microscopici e incoscienti del deserto con i movimenti caotici dei granelli di sabbia e degli atomi dell'aria che sbattono gli uni contro gli altri formando il vento e le dune del grande deserto.

''Stelle eri, e polvere mossa dal vento diventerai'' si disse, ''per poi ribaltare la clessidra e ricominciare tutto da capo.''

''Ma la vera questione è cosa sei...adesso''.

Non aveva senso come la sigaretta che stava fumando.

La sigaretta stessa era la materializzazione stessa dell'immensa assurdità di tutto ciò.

Un equilibrio folle, tra un nulla di un tipo e un nulla di un altro

''Questo è davvero tutto?''

Sorrise e si scattò un selfie con se stesso con la sigaretta in bocca e le stelle del cielo dietro.

Provò a mandare la foto per gioco alla sua compagna.

Sotto la didascalia:

''Sono vent'anni che ho smesso di fumare e tu non te ne sei mai resa conto, adesso che ho ricominciato mi lasci?''

Dopo secondi arrivò un messaggio dal cellulare.

''Tienti la tua sigaretta, non voglio più rimanere con te.''

Albeggiava e andò a dormire sfinito dall'assenza di senso.

Si addormentò e fece un sogno strano, c'era lei che guardava una collina e c'era lui che fumava una sigaretta, lei distolse lo sguardo dalla collina, lo accarezzò e gli disse: ''in fin dei conti sei umano''.

Girò il chiavistello e si aprì la porta di colpo svegliandolo.

Andò all'entrata, era lei.

Si abbracciarono senza dirsi nulla.


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