venerdì 26 maggio 2023

FGF23, refeeding syndrome fosfati, tumore ed effetto Warburg

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L'azione dell'insulina va intesa come una segnalazione complessiva di incremento dell'efficienza energetica della cellula, andando a riattivare il ciclo di Krebs si pongono le basi per un incremento della sintesi sia di NADH, sia di ATP.
In particolare nel caso dell'ATP si deve tenere presente che in base all'equazione ADP+P=ATP se si introduce maggiore P la quantità di ATP sintetizzato in un dato tempo incrementa.

Data la capacità del fosfato di chelare il ferro e di incrementare anche la sintesi di ferritina a parità di ferro
In studi sperimentali il fosfato incrementa di per se stesso la cinetica di formazione della ferritina.

Quando l'organismo riesce a consumare un pasto abbondante il compito delle cellule è quello di incamerare i glucidi ed il ferro viene secreta insulina, il fosfato è necessario per l'immagazzinamento di energia tramite ATP dunque l'insulina fa crollare i livelli di FGF23 che è il principale ''escretore'' di fosfati livello renale.
L'ipotesi è che nella refeeding syndrome le cellule debbano sormontare una quantità di ATP eccessiva e dunque debbano fare fronte ad un eccesso di energia.
Quindi paradossalmente un carico calorico eccessivo e rapido dopo periodi di digiuno può portare alla crescita paradossale di FGF23, una sorta di meccanismo automatico di desensibilizzazione all'insulina oltre un certo livello di ingresso calorico nell'organismo.
FGF 23 sarebbe dunque incaricato di fare fronte ad un eccesso di accumulo di ATP smaltendo i livelli ematici di fosfato a livello renale.
La tesi di fondo è sempre quella che il tumore sia il rovescio della medaglia della capacità di resistere alla refeeding syndrome.
Gli organismi con alimentazione prevalentemente carnivora (tra cui l'essere umano) hanno avuto nel corso dei millenni la necessità evolutiva di fare fronte a periodi di digiuni prolungati intervallati a rapide introduzioni di grosse quantità di calorie in seguito alla cattura della preda, in genere di grossa taglia, la tesi presentata è che data la giovane età di morte una certa elasticità metabolica che permetteva agli esseri umani di sopravvivere alla refeeding syndrome gli ha però fornito lo svantaggio di esporli a un maggiore rischio di tumorigenesi in età in cui nel paleolitico e neolitico gli esseri umani non potevano sopravvivere, fornendogli un vantaggio evolutivo che tuttavia adesso in un epoca di assunzione calorica abbondante e continuativa li ha portati ad una maggiore predisposizione allo sviluppo di sindrome metabolica e tumore.
                                           
                                            Parte 2 spiegazione metabolica del paradosso di Peto

Chi si confronta con quello che è il sostanziale mistero del processo neoplastico deve in qualche modo confrontarsi con la natura indigesta del paradosso di Peto.
In cosa consiste questo paradosso?
Se il tumore fosse solo il prodotto di mutazioni casuali come spiegare il fatto che una balenottera ha un tasso di tumorigenesi e di probabilità di ammalarsi di tumore (molto) inferiore all’essere umano e al topo?
Stante un volume di diversi ordini di grandezza superiore e stante una grandezza media delle cellule di essere umano, topo e balena si riscontra un numero enormemente superiore di cellule nella balenottera.
Se la tumorigenesi è il prodotto di mutazioni casuali come mai la balena non presenta un numero di tumori 10 mila o 100 mila volte superiore rispetto a un topo?
La domanda rimane a tutt’oggi aperta.
Provo a suggerire delle risposte.
Al di là dei complessi marchingegni di riparazione degli organismi eucarioti la risposta probabilmente non va ricercata in una particolare proteina piuttosto che in un altra ma in ciò che io ho definito il tasso di uniformità metabolica dell’animale balena.
Un cetaceo che si alimenta di plancton è in sostanza come in uno stato di omogeneità metabolica non ha grossi switch di metabolismo, le sue prede sono di taglia infinitamente inferiore alla sua ed egli le assume in modo graduale e continuo.
Sicuramente il rapporto volume superficie inferiore nelle specie di grossa taglia gioca un ruolo nei minori danni che si accumulano nei tessuti dellla balena rispetto ad animali di taglia più piccola in quanto gli animali piccoli devono bruciare un numero di calorie superiore a parità di peso e volume, diciamo che la superficie incrementa al quadrato delle dimensioni, il volume tendenzialmente alla terza potenza e su differenze grosse di rapporto superficie volume si ha anche un tasso molto differente di perdita calorica che avviene tramite la superficie ( mentre la produzione è più dipendente dal volume).
È anche vero che tutto ciò non è sufficiente a spiegare le profonde differenze in termini di tumorigenesi tra carnivori ed erbivori.
Tendenzialmente io ciò lo spiego come un tasso di omogeneità metabolica molto superiore negli erbivori che nei carnivori.
Un carnivoro che preda animali di grossa taglia deve innanzitutto sopravvivere non solo a periodi di fame più o meno prolungati, ma anche agli switch metabolici in seguito all’acquisizione di una preda di grossa taglia.
La cosiddetta refeeding syndrome.
Una balena si è adattata all’ omogeneità e il suo tasso di tumorigenesi inferiore risente della sua omogeneità metabolica, essa non ha grossi switch metabolici improvvisi in seguito all’acquisizione improvvisa di grossi quantitativi calorici.
Per contro l’uomo è più simile a un leopardo a un lupo, ha lunghi periodi di digiuno intervallati all’acquisizione di quantitativi calorici improvvisi in seguito alla predazione.
Per paradosso essendosi adattato a una forte disomogeneità metabolica la civiltà con il suo carico calorico non soltanto superiore ma anche più continuo ed omogeneo può metterlo in crisi determinando sia la sindrome metabolica sia il processo neoplastico.

                          Parte 3 FGF23 come potenziale marker di progressione neoplastica?



In base alla reazione ADP+P=ATP se si aggiungono dei fosfati si aumenta la quantità di ATP sintetizzata spostando la reazione a sinistra.
Maggiore è la capacità dell'organismo di smaltire i fosfati, maggiore è la resistenza alla refeeding syndrome, minore è la produzione di ATP durante l'ingresso massivo di grosse quantità di glucidi e protidi.
Il crollo dell'efficienza energetica con minore produzione di ATP è anche crollo dell'insulina sensibilità.
L'insulina tendenzialmente fa crollare il livello di FGF23.
FGF23 incrementato dopo un carico di carbossimaltosio ferrico è indice della capacità dell'organismo di resistere alla refeeding syndrome per sfuggire a una tossicità derivante probabilmente dall'eccessiva sintesi di ATP.
Un eccesso di fosfati sembra presiedere ai danni cellulari che portano sia al tumore che alla senescenza, un eccesso di fosfati è stato rilevato nei topi knockdown per KLOTHO la proteina associata a FGF23 e determina  una sorta di curiosa senescenza precoce.
La teoria da me proposta è che il tumore sia il rovescio della medaglia metabolico della capacità di resistere alla refeeding syndrome e che dunque sia maggiore in quegli organismi che sono strutturati per resistere meglio alla stessa.
Un incremento maggiore di FGF23 in seguito a carico di carbossimaltosio ferrico può essere interpretato come maggiore resistenza alla refeeding syndrome e dunque  probabilità che l'organismo andrà incontro a manifestazioni neoplastiche di ogni tipo e genere.

Da notare che in studi condotti sull'anoressia nervosa, i sottotipi di anoressia nervosa che sono soggetti alle cosiddette ''abbuffate'' (il tipo binge-purging) hanno livelli di FGF23 incrementati a differenza dei sottotipi a restrizione calorica senza abbuffate a dimostrazione del suo ruolo nella refeeding syndrome.

Il tumore sembra essere derivato da ''tipologie di cellule'' che hanno il compito di eliminare in tempo rapido numerose quantità di calorie, quasi che lo ''scopo del tumore'' sia quello di eliminare l'energia in eccesso.
Il tumore fraintende quella che è un amplia disponibilità di calorie ed evolve per distruggerle in tempo rapido, fino al punto di andare oltre la necessità metabolica di smaltire in tempo rapido grossi quantitativi di calorie e trasformarsi nel devastatore proliferante cachettico.
La morte per eccesso di calorie va sempre presa in considerazione quando si studia il tumore, sopratutto se si deve dare un significato a livello metabolico al tumore stesso che è il suo rovescio della medaglia evolutiva in termini di capacità dell'organismo stesso di resistere a un eccesso di calorie e ad una refeeding syndrome.
Il tumore è il derivato di una resistenza all'eccesso di calorie che si profila dopo periodi di digiuno.
Se ad un carico di carbossimaltosio ferrico l'organismo risponde con un elevazione di FGF23 questo può essere letto come una maggiore propensione verso la formazione di tumori.
Nelle neoplasie per stabilire la capacità di recidivare o anche la prognosi si potrebbe misurare l'incremento di FGF23 in seguito a carico massivo di carboidrati, ciò può essere letto come probabile marker di progressione infausta.
E' necessario riflettere se l'ATP oltre un certo limite non determini degli effetti tossici e se dunque l'ipofosfatemia conseguente alla refeeding syndrome non sia in qualche modo il tentativo dell'organismo di smaltire i fosfati tramite via renale limitando la reazione ADP+P=ATP sottraendo P il fosfato libero.
La cosa che mi incuriosisce molto di tutto ciò è che LA VIA MAESTRA PER COMPRENDERE L'EFFETTO WARBURG, ovvero lo spostamento verso la glicolisi tipico delle cellule tumorali ci sia L'ESIGENZA DI LIMITARE LA SINTESI DI ATP, non è che necessariamente le cellule tumorali siano fermentanti, né tantomeno il blocco della glicolisi ''redime'' la cellula tumorale e blocca lo sviluppo della neoplasia, né tantomeno va intesa del tutto come una ''scelta metabolica per usufruire di metaboliti per la proliferazione''.
La glicolisi produce molto meno ATP della fosforilazione ossidativa.
L'errore di fondo di molte teorie sul tumore è quello di non comprendere che non è qualcosa da intendere come necessariamente ''cattivo'' che si pone lo scopo di sopravvivere a tutti i costi a scapito dell'organismo.
Il tumore sussiste come scelta metabolica di cellule fuorviate nella loro capacità di intendere la quantità di glucosio e di altri fonti energetiche disponibili che comunque si pongono lo scopo di eliminare determinate tossicità e lo fanno in modo deliberato con tale efficacia paradossale da proliferare e portare a morte l'organismo che paradossalmente vorrebbero tutelare.
Si dovrebbe approfondire il concetto di TOSSICITA' DA FOSFATI che è appunto suggerita dalle dinamiche KLOTHO FGF23 i cui geni in knockdown portano a invecchiamento precoci gli animali da esperimento.
Si dovrebbe anche riflettere sul modo di creare cicli futili che permettano all'ATP di scaricare il suo fosfato su molecole che lo chelino e lo portino al di fuori della cellula.

Last but not least.
Se in un certo senso il tumore sembra quasi porsi lo scopo di far crollare la tossicità da fosfati e ATP limitare la sintesi di ATP o inibire quegli enzimi come la creatin chinasi che ne favoriscono la genesi potrebbe limitare la progressione neoplastica?


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2 commenti:

  1. ....Se in un certo senso il tumore sembra quasi porsi lo scopo di far crollare la tossicità da fosfati e ATP limitare la sintesi di ATP o inibire quegli enzimi come la creatin chinasi che ne favoriscono la genesi potrebbe limitare la progressione neoplastica?
    Una domanda che troverà risposta? mi chiedo se ci sono /saranno delle ricerche a riguardo .

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  2. Il controesempio nel confronto tra la balena e l'uomo potrebbe essere il cane. Il cane, a confronto con l'uomo, tollera ancor di più le discontinuità nell'alimentazione. E si ammala con facilità di tumore. (Truman)

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