mercoledì 24 luglio 2019

Mio amore



Il suo tratto caratteristico,erano 2 occhi molto distanti.
Questo non inficiava minimamente la sua bellezza.
Alta quasi 1,80, curata,viveva il mondo come una passerella per le sue sfilate di moda.
Ci aveva stupiti tutti,ed io l'aveva puntata subito,neanche come donna, perchè lei non lo era.
Non so cosa fosse, senz'altro una delle tante creature che mi avevano convinto che l'umanità era semplicemente un esperimento fallito.
Gelida, sincera, ninfomane.
Un dettaglio irrisorio, eroinomane.
Non so perché , ma più vado avanti con la vita più,il suo cinismo edonista mi pare l'unica stella polare che possa guidarci in questo deserto di finte relazioni umane.
Sapeva 4 lingue e spesso scriveva poesie in una qualsiasi come se fosse madre lingua.
Era come se la droga fosse una sorta di ovatta che lei utilizzava perchè la sua intelligenza acutissima non penetrasse come un coltello all'interno della sua fragile carne.
E venne il giorno,io mi ero ripreso ero ritornato un'uomo e avevo deciso di tentare Scilla e Cariddi,consapevole che si poteva sprofondare.
Le feci leggere la mia poesia mentre avevo il cazzo turgido per la sua bellezza, anche per la sua intelligenza,sapevo che io potevo penetrare fisicamente in lei, ma che lei poteva penetrarmi solo coi suoi occhi molto più profondamente

Overdose

I miei occhi
aperti per poco
mentre giaccio distesa
nel retro di una vecchia mercedes
vedono solo
lampioni che si susseguono
luci confuse
non capisco più nulla
non sono più nulla
questo è il mio mondo ora:
lampione
buio
lampione
buio
lampione
buio
...
solo il ricordo
della bambina che ero
della bambina che sono
fa scendere ancora
qualche lacrima
su questi occhi vuoti
ma presto i negri
mi scaricheranno nel canale
e diventeranno ghiaccio.
E' sera
un alba che non verrà
il vuoto
il nero
l'abisso
salveranno la mia tenera
giovane carne
dall'orda di cannibali
chiamati giornalisti,
le loro bocche che si muovono
nelle tv, per strapparla e farla a pezzi,
ma io sono ancora la bambina che ride
e ride e corre
spensierata
nel grande prato verde
fino al ciglio di un burrone
e ora guarda stranita
OLTRE...


Presi il foglio dalle sue mani e l'abbracciai forte, sentivo che qualcosa in lei,della sua maschera aveva ceduto.
Immediatamente mi mise la lingua in bocca e cercò di abbassarmi i pantaloni.
Io la bloccai.
''Ti amo anche se per poco,vieni un attimo con me prima devo fare una cosa,non me ne voglio andare senza prima averla fatta, poi saremo liberi di dimenticarci anche se io non ti dimenticherò.''
Così lei mi guardò stranita,ma si lasciò condurre.
La portai nel bagno dove era pieno di polverina magica,eroina no, per fortuna,non ancora,
Lei mi diede una slinguazzata e tentò di nuovo di ricominciare,io la bloccai,in un modo che stranamente lei sentì piacevole, piu piacevole del sesso, perchè qualcuno la stava considerando come persona anche se lei non capiva come.
''Adesso amore'' le dissi mentre le accarezzavo i capelli e le baciavo la testa,ora guardati allo specchio.
All'inizio si riassestò i capelli civettuola come se niente fosse,poi all'improvviso un fulmine l'attraversò da parte a parte facendola fremere come in un elettroshock.
Continuava a guardarsi allo specchio,incominciò a tremare.
Io la strinsi forte,le dissi soffiandole sul collo: ''continua''
''Dov'è finita la vecchia bambina,sai che sei ancora tu,cucciola...'''
Lei impallidì completamente,disse tremando:''Io non so più chi sono''.
Non piangeva perché non era capace: la sua angoscia era troppa.
Divenne una statua di cera immobile,gli occhi fissi in se stessi, persi,ebbi la stessa impressione di quando avevo fatto visita all'obitorio, quegli occhi vitrei, non erano di una persona viva, qualcosa l'aveva uccisa.
In un microsecondo lei si divincolò dalla mia presa e si chiuse nello stanzino.
Io sapevo cosa aveva in mente,e con botte sempre più forti sfondai la porta.
Ma era troppo tardi.
La spada conficcata nel braccio aveva iniettato una dose mortale.
Il suo cuore non batteva più.
Ancora in tailleur e tacchi a spillo si era data la morte.
Gli occhi di bambola nel vuoto, li richiusi delicatamente.
Ebbi una strana idea, farla finita con lei e porle la mia testa nel suo grembo.
Un utero nero chiamato morte, questa volta, il suo.
Poi mi inginocchiai le baciai la bocca già irrigidita.
Non riuscì nemmeno a piangere,me ne andai col cuore gonfio di dolore.

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