sabato 31 luglio 2021

Il loto

''Ti voglio raccontare una storia'' disse l'abate a un giovane monaco.

Nel tempio di Enriaku Ji  c'erano due monaci, uno aveva meditato tutto il giorno alla ricerca del nirvana, l'altro si occupava delle cerimonie.
La cerimonia del te.
L'aveva fatta da solo, due volte, al mattino e alle 4 del pomeriggio, mancava solo quella serale.
L'altro monaco stava di fronte al laghetto, continuava a tirare una pietra nel laghetto del giardino, osservare l'onda, il lago quietarsi, per poi andarla a riprendere.
Aveva piovuto tutto il giorno, il monaco che si occupava delle cerimonie era un po' indispettito dall'atteggiamento dell'altro monaco.
Tirando la pietra disturbava il loto bianco al centro del lago secondo lui.
Lui curava maniacalmente il giardino.
Potava le piante.
Anche lui si sedeva in meditazione di fianco all'altro monaco quando era stanco.
La cura dell'intero monastero era faticosa al suo vecchio corpo eppure gli donava gioia.
Aveva amore delle piante.
Si era seduto di fianco al monaco dietro una pietra.
Lui sentiva per contro che quella pietra doveva rimanere li', e che nulla andava mosso.
Guardava le gocce di pioggia nel laghetto, e quei cerchi concentrici.
Da piccolo passava ore a contemplare le onde concentriche delle gocce di pioggia.
Lo assorbivano, gli sembravano la perfezione.
Guardava in quel momento le gocce di pioggia nel lago.
Le guardò in modo diverso.
In quella perfezione non c'era pace, ma sofferenza.
Era una rincorsa, e al tempo stesso l'eco di qualcosa, passato e futuro.
Ebbe questa strana percezione.
Guardava le piante del giardino.
Il tempo fuggiva, come cerchio concentrico, il tempo fuggiva.
Ma il loto bianco, quelli si adesso era la vera perfezione.
Era ignaro dell'acqua sopra e sotto di lui.
Si sedette in meditazione guardando il loto e non la pietra.
In quel momento mentre guardava il loto e non la pietra un fulmine dal cielo colpi' la pietra che si trovava di fronte a lui, e quella di fronte all'altro monaco.
Si parlarono.
''Tu sai cosa sta per accadere? questo è un presagio, i naga ci stanno avvertendo.''
Chiese il monaco che tirava la pietra nel lago all'altro.
''Il fulmine è caduto dal cielo su entrambe le nostre pietre, la tua immobile, la mia no.''
L'altro monaco gli rispose:''Tu non hai osservato bene, è dalle pietre che il fulmine è asceso al cielo, non sono i naga, qualcosa è avvenuto in esse, qualcosa della loro natura quieta e imprigionata è voluto salire all'infinito.''
''Ma io guardo sempre le piante del giardino è qualcosa di piu' ancora anomalo è successo, una foglia è caduta dal salice e si è posata sul loto, ed è rimasta lì.''
Il monaco a cui piaceva perturbare il lago non disse nulla, era rapito da qualcosa che neanche lui sapeva ben definire, guardò le piante scosse dal vento, l'acqua le nuvole, sentiva che era il momento tanto atteso si sentiva rapito da tutto, toccò la pietra incandescente da cui il fulmine era asceso al cielo e la lanciò nello stagno, era il momento.
L'altro monaco invece guardò il loto bianco ed ebbe paura per esso.
Qualcosa questa volta poteva perturbare la sua quiete in modo definitivo.
Ebbe compassione di esso, e non si curò della stessa sensazione che provava anche lui, la sensazione che stava per essere rapito da un lampo verso l'infinito.
Pareva essere la liberazione ma lui non se ne curò, si tuffò nelle acque dello stagno per prendere il loto e preservarlo da ciò che stava per accadere.
E il loto gli fu grato.
Era il 6 agosto 1945 a Hiroshima.
In quel momento la bomba esplose.
L'atomo, questa piccola pietra si scisse e qualcosa di esso fuggì verso l'infinito.
Mentre era immerso nel lago si accese il grande bagliore.
Vide il grande bagliore e sentì la vertigine, la vertigine originaria.
La quieta pietra dell'atomo originario si era illuminata della vertigine.
Aveva sentito infiniti mondi, universi, possibilità, forme, era fuggita da se stessa perchè aveva sentito la grande vertigine, il grande fulmine che lo stava per portare nel mondo degli infiniti universi e infiniti dei.
Non sarebbe piu' stato tutto, lo era già, sarebbe stato qualcosa di infinitamente piu'grande sarebbe asceso all'infinito, aveva provato la grande vertigine.
E in essa era precipitato.
L'atomo fuggì da sé stesso e entrambi i monaci videro il bagliore meraviglioso.
Il monaco che si era preoccupato del loto si trovava sotto di lui.
L'altro sulla riva preso da questa vertigine si alzò per lanciare la pietra nella sua colonna vertebrale il fulmine che lo stava per rapire all'infinito.
Stava per dire:'' Finalmente IO l'ho raggiunto.''
Ma non finì mai la frase .
Quando disse IO, la luce dell'atomo, la pietra originaria lo ridusse a un ombra sul terreno.
L'altro monaco si trovava sotto le acque del lago e stava per riemergere per prendere il loto.
Le acque del lago lo protessero dal grande bagliore.
Anch'egli sentì la grande vertigine di infinite galassie, universi, la possibilità di essere gli infiniti dei.
Ma quando toccò il loto tutta questa vertigine fece ondeggiare il suo essere, sentì anche lui la colonna vertebrale come un fulmine che lo rapiva all'infinito.
Ma toccò il loto ed emerse.
Qualcosa di lui era stato rapito verso non sapeva più neanche dire cosa, sapeva solo che il loto bianco era nelle sue mani.
Gli accadde tutto ciò che era accaduto all'altro monaco, fu rapito verso l'infinito e si perse nelle profondità dello spazio, ma era lì, nelle sue mani il loto, intatto.
Non sapeva che pensare, era stordito.
Entrò nel tempio semidistrutto, ma nonostante questo sentì che doveva celebrare la cerimonia del tè serale non aveva altro che il loto, le brocche erano distrutte.
C'era una bottiglia rotta che conteneva tè bollente.
Usò il loto come calice.
Mise il tè bollente nel recipiente e fece cadere il loto al centro del recipiente pieno di te.
Notò che il loto caduto nel te non formava alcuna onda concentrica.
Era come fosse libero da questa strana smania dell'universo di propagare se stesso al di fuori.
Il loto tuttavia nel tè bollente sembrò morire.
Ne fu rattristato e pianse.
Le sue lacrime caddero sull'amato loto che lui aveva ucciso, le lacrime scorrevano sul loto anche morto senza fermarsi.
Forse non era morto.
Bevve il te bollente dal loto.
Non era bollente se preso da esso.
Mise il dito nel te e quasi si ustionò, il te era bollente, ma se bevuto dal loto era fresco.
Prese il loto e lo depose nel centro del lago.''

L'abate terminò così la storia e tacque.
Il giovane monaco non capiva.

''Abate non capisco, qual è il senso di tutta questa storia, quale dei due monaci ha raggiunto il nirvana?
Il loto è vivo o è morto?''

L'abate si alzò e fatto un inchino aprì il butsudan, e estrasse un loto.
''Il loto è qui.''
''Vuoi sapere quale dei due monaci ha raggiunto il nirvana?
''Io ti ho raccontato la nostra storia.''
''Prendi il loto nelle tue mani.''
Nel momento stesso in cui prese il loto nelle sue mani l'abate scomparve e ne rimase solo l'ombra per terra.
Il giovane monaco amò il loto.
Si disse: ''io non so chi ha raggiunto il Nirvana, non so neanche se i monaci erano due, non so dire se l'abate che era di fronte a me fosse solo un fantasma ucciso dall'esplosione, non so dire nulla, al di fuori che io amo il loto e sento che se lo amo lui vive, se eccedo nella forma lui muore, si l'universo è esploso a rincorrere l'infinito, e questo universo è solo il fungo atomico e le macerie di quell'esplosione originaria, ma io amo il loto e ora so che si salva solo chi è perso nel suo amore, nella sua purezza ineffabile.
Non so se questo è il Nirvana, non so se esiste il Nirvana, ma il loto è con me e tanto mi basta.''
Chiuse gli occhi e si rese conto che l'abate e tutti gli altri Buddha dei millenni erano con lui e non l'avrebbero mai abbandonato.
 

1 commento:

  1. Un intero universo può nascere dalla lacrima di un loto e tutto ciò che sembra scomparso riappare. Grazie Simone. Gina ❤️

    RispondiElimina