è la misteriosa femmina.
La grande porta della misteriosa femmina
viene chiamata la radice del paradiso e della terra.
Appena visibile, appare come se fosse lì,
eppure il suo utilizzo non la esaurirà mai.
Tao Te Ching
Ogni volta che corro qua nelle vicinanze ho delle diverse sensazioni.
Tendenzialmente tutti i percorsi portano alle cime dei colli, dai quali si può contemplare meglio il paesaggio, questo è un limite.
Le alture cercano il dialogo con il cielo, ma è un dialogo sordo, a dirla tutta, è un assordante silenzio, il cielo non risponde loro.
Quando i rami degli ulivi sfiorano il cielo senti la natura vuota del cosmo, l'immenso nulla che è al confine tra qualche foglia di un ramo frondoso e un cielo azzurro stanco e assente.
Essenzialmente cercare l'alto è un limite.
L'alto ha poco da insegnare e il cielo fugge da lui.
Al cielo non importa che tu sia un colle o il Nangha Parbat o la Tour Eiffel, il cielo cade sulla terra a tratti, come fiori blu qua e là, fottendosene di quanto alto sei andato, per lui una roulotte, il Burji Dubai e la Piramide di Cheope non sono poi molto differenti, né quel colle piuttosto che l'Everest.
Non sai cosa lo porti qui.
E' una prurigine umana quella di conquistare le vette, una prurigine a cui il cielo non è assolutamente interessato.
Trattasi pur sempre di una sfera, renditene conto e che il cielo non guarda la terra dall'alto, ma dall'esterno.
Dopotutto l'asceta che si fa i selfie ischeletrico con le cime bianche dell'Himalaya dietro di sé che credibilità ha?
Le cime bianche parlano al tuo cuore se ti sdrai in mezzo all'erba 4000 metri sotto.
Allora si che il vento ti carezza le guance e il cielo qualche parola te la sussurra.
Se tu lo cerchi in cima non lo trovi, o magari qualcun altro l'ha trovato, io no.
Ma se scivoli sul fianco del colle verso la valle il cielo si fa presente a tratti e vedi piccoli occhi blu di borragine con cui il cielo ti guarda.
Tu li osservi e osservi sopra, ora il colore coincide ed è reale, qui il cielo dialoga con me e con la terra, nella valle il cielo appare più reale e vivo che al di sopra; sul fianco a sud del colle senti un tepore decisamente fuori stagione.
Di sopra diresti che l'universo sia una bolla di tempo e di spazio e noi il sapone traslucido tra un vuoto e un altro.
Ma quella bolla assordante mi sa che è nel tuo cervello.
Devi inesorabilmente scendere sotto nella valle per dialogare col mondo.
Certo per la carità, lontano dal tanfo di fogne delle città.
Il cielo è fatto a modo suo.
Per lui gli scalatori delle vette della vita devono essere degli schiocchi fenomeni da baraccone alla pari di quelli che giacciono sulle piaghe di asfalto e di cemento armato del mondo.
Vallo a capire il cielo...
Vallo a capire l'uomo.
Ma a volte si parlano e si capiscono.
Guardavo da lontano le cime bianche dell'abetone e provavo un vago senso di nostalgia.
Sotto i prati verde smeraldo e questo tappeto di fiori viola, viola come il rosso del sangue che si perde nel blu dello spazio.
Viola di languore, di memorie, mentre le nuvole passano sciatte come turiste nel cielo senza che tu le possa fermare e parlare la loro lingua, arabo, bizantino, tedesco o cosa?
Il bianco delle nuvole e delle cime è illusoriamente puro.
Anche se nulla è mai detto e il cielo dialoga con chi vuole.
E a un certo punto parla.
Il ciliegio bianco a occidente.
Il sole si perde nelle sue fronde bianche di un bianco timido e reale.
Come pallide sono le gote di una fanciulla, e il sole timido chiude gli occhi e bacia i fiori bianchi e la sua luce smette di essere accecante.
Ti fermi a guardarlo e comprendi che il senso delle proporzioni è inutile a comprendere l'universo, perlomeno quello convenzionale.
Il sole è lì fermo per il ciliegio, e la supposta immensa stella ha significato solo se la vedi fra le fronde del ciliegio bianco, lì e solo lì, smette di essere quell'esplosione atomica insulsa gigantesca che sembrerebbe considerandola da un punto di vista ''scientifico razionale e obbiettivo'' nonché da qualsiasi altro punto della valle.
L'eliocentrismo si dirada nelle fronde del ciliegio a occidente.
Le api ronzano divine in questo universo chiamato ciliegio, e il bianco del sole ha un significato per ogni petalo bianco del ciliegio.
I suoi rami ondeggiano lenti.
E cosa più splendida di tutti il ciliegio ti da il senso del tempo.
Ogni tot secondi un petalo si stacca e scivola né lento né rapido fino a terra.
Il tempo è quello.
Pulito e netto come la traiettoria di un petalo che si distacca.
Senza pretese di sospensione a mezz'aria, senza fretta.
Come un orologio di diversa natura i petali cadono, e quando ti chiedi quando cadrà il prossimo devi aspettare (non molto) e si staccherà.
Il tempo è pulito, preciso e netto, mai severo, mai violento, sempre aggraziato, senza pretese eppure efficace, anche se non indugia mai, non ha quell'ansia ossessiva di una lancetta.
Chi sarà mai costui che stacca con precisione e perizia i fiori bianchi del ciliegio che riflettono la luce del sole, e li fa scendere con una grazia superiore alla loro stessa bellezza?
Che chiunque sia, voglio conoscerlo, dopotutto sta spogliando la vera bellezza della valle, ma è il suo stesso movimento a dare armonia ad essere bellezza.
Un percorso descrittivo preciso , puntuale , che è anche poesia .Delizioso nel suo insieme .
RispondiElimina