venerdì 9 aprile 2021

Alea iacta est

 Letteratura non di evasione.

Mi rendo conto che c'è un problema nel mio scrivere, io faccio tendenzialmente ''letteratura d'evasione'' quando probabilmente non è questo lo scopo dello scrivere.

Non ho piu' 15 anni in cui ognuno ha bisogno di un giullare catartico che esorcizzi i malesseri di un età che sarebbe la piu' bella, ma non lo è per la semplice ragione che non sappiamo cosa c'è dopo di quella.

E se lo avessimo saputo, avremo riso ben poco.

E non ci saremo divertiti.

I nostri amori erano solo i fuochi fatui dell'io bambino che moriva di fronte al suicidio chiamato ''realtà''.

E ci hanno illuminato.

E ci siamo scaldati.

E ci domandiamo dove sia finita quella fiamma.

Innamorarsi di una stronza...che lusso, un cuore che riesce a bruciare pure di fronte a un po' di brina sporca di fango e piscio di cane.

I neonati.

I neomorti, questo sono i giovani, quelli che uccidono il loro bambino interiore facendolo bruciare nella fiamma impura della supposta realtà.

Quanto sono prolisso.

Arriviamo al dunque.

Inde?

Smetto di fare letteratura di evasione e provo a prendere la letteratura per quello che dovrebbe essere, lo strumento per interpretare la supposta ''realtà''.

Primo uomo degno di stima.

Giulio Cesare.

Enucleiamo la sua storia, il suo insegnamento senza tanti risolini inutili, ''risus abundat labras stultorum''.

Chi è costui.

Scrive con uno stile coinciso.

A dire la verità è decisamente aiutato a scrivere e a pensare da una lingua degna di essere definita tale, il latino.

Ma a noi ce l'hanno fatto tradurre in un'età in cui non eravamo pronti a cogliere la grandezza di quell'uomo.

E per giunta traduzioni...

Incomplete.

Proviamo a tradurre meglio e a enucleare il primo dramma della modernità:''scriviamo, pensiamo e parliamo in una lingua volgare che per forza di cose ci porta ad essere inconcludenti.''

L'italiano ovvero il dialetto fiorentino è un dialetto come una altro, non ci sono motivazioni linguisticamente valide per ritenerlo superiore agli altri, tipo il napoletano, o il piemontese, o il veneto, o il siculo.

Al sardo si.

Non prendetevela con Mc cavallo per la natura triviale e inconcludente delle sue canzoni, è comunque una persona intelligente ma è limitato dal suo dialetto.

Se il fiorentino è stato nobilitato è per la semplice ragione che Dante pugnalato alle spalle dal covo di serpi fiorentine, ha reagito da Signore compiendo l'opera somma, in cui è riuscito a mandarli all'inferno, ma con grazia, stile e addirittura complessi significati esoterici a noi non del tutto noti.

Insomma Firenze lo ha maledetto e lui ha fatto al suo dialetto il suo più grande dono di sempre, un dono così gigante che lo ha nobilitato a tal punto da farlo uscire dal suo rango di gergo triviale, di fratelli coltelli di borgata.

E i linguisti si sono arresi di fronte a cotale impresa letteraria.

Il fiorentino è diventato la lingua della penisola italica grazie a Dante, ma è decisamente difettoso.

Sono persuaso che questo sia stato un grosso errore.

Mussolini era un maestro delle elementari, aveva una cultura appunto neanche da prima elementare.

E cosa ha fatto?

Ha forzato gli abitanti della penisola a parlare un dialetto loro estraneo, con somma confusione babelica.

Per giunta è stato talmente idiota da italianizzare toponimi che non hanno nulla di italiano.

Cormayeur, doveva essere Cormaiore.

Insomma un latino bastardo.

Questo è l'italiano al giorno d'oggi, sia in termini di lingua, sia in termini di personalità.

Gli italiani sono letteralmente ''latini bastardi'', altrochè brava gente.

Prava nel senso di Pravus, prigionieri.

Prigionieri di un dialetto volgare che non rende dignità alla loro stirpe, alle loro inclinazioni, e alla loro storia.

Sono categorico.

Lo so.

Infatti l'italiano non mi piace, preferisco il latino.

Che razza di critica è ''sei categorico?''

Parli come se avessi in mano la verità...mi dicono i maestri di scuola.

Io li boccio.

Rispondo:''Quid est veritas?''

Non c'è posto per gli equivoci in una lingua classica.

Gli italiani continuano a fraintendersi perché sono persi in una babele di dialetto confondente.

Farebbero meglio a parlare il loro piuttosto che imparare uno che gli è estraneo.

Ma solo se vogliono rimanere attaccati al loro fottuto campanile.

Il dialetto è volgare.

Punto.

Non permette la creazione di imperi, di affermazioni di verità nobili, o meno nobili, comunque inattaccabili e per questo viste come ''categoriche''.

Veniamo agli uomini veri, i probi viri, che non sono né uomini, né ominicchi, né quacquaracqua.

Sono altro.

Sono ''probi viri''.Punto.

Uomini provati.

Qualsiasi cosa facciano sono probi viri.

Prendiamo Muzio Scaevola.

Uno che fallisce nel tentare di accoltellare Porsenna il re nemico etrusco.(Firenze è nemica a prescindere dei probi viri).

Cosa fa?

Brucia la sua mano su una fiamma.

Non è possibile fare diverso.

Chi fallisce non può fare altro.

Solo così si salva.

Cosa vediamo noi ''latini bastardi''?

Un emo che si taglia?

Si anche.

Siamo confusi.

Cos'è Muzio Scaevola? Un giapponese della Yakuza prestato a Roma che si taglia il mignolo per salvare l'onore, e sopratutto, vedete quanto fa schifo il dialetto:''cosa sarebbe l'onore?Una cosa riservata ai ''mafiosi'' di ogni genere e stirpe?

Equivoci su equivoci.

Punti interrogativi malmessi, dubbi.

Il dubbio nasce sempre da una lingua bastarda, chi pensa e scrive in una lingua classica non ha posto per dubbi.

Cave canem non è attenti al cane, è cave canem, punto.

Ovvero una sintesi di infiniti concetti che noi siamo costretti a ripetere in tutte le loro possibili varianti ''dubbiose'' senza renderci conto che in una lingua classica anche il dubbio è azione, sintesi e massima di vita.

Cave canem può essere attento al cane proprio perchè è un cazzo di cane, e i cazzo di cani mordono a cazzo.

Cave canem potrebbe essere tradotto come ''attento ai cani'' ovvero a questi fedeli striscianti che appena manca il cibo saltano alla gola di chiunque.

O meglio mordono e non sanno neanche loro il perché.

E' per questo che dobbiamo fare attenzione.

Dai cani mi guardi iddio che dai lupi mi guardo io, potrebbe essere una sintesi azzeccata.

I cani credono di essere lupi.

I germani erano lupi.

E difatti i romani non ce l'hanno mai fatta con loro.

Il lupo ha una gerarchia ma non è un principio gerarchico assoluto ''orientale'', da cane insomma.

E difatti Hitler secondo me non era germanico, tantomeno ariano, era solo il cane pastore di un branco di pecore votato al macello.

I germani avevano un istituto sacro, il duello.

Il duello li ha forgiati.

Se il lupo alpha commetteva un infamità verso il lupo beta, il lupo beta aveva due scelte, sopportare oppure farsi gonfiare le carotidi ringhiare e sfidarlo.

I cani ringhiano verso gli estranei e non si rendono conto che il loro nemico è chi li tiene al guinzaglio.

Ringhiano nei confronti di loro stessi, della loro natura imbastardita.

I lupi ringhiano solo nei confronti del capo se commette infamità e nessun lupo si stupisce di questo.

Gli altri lupi maschi e femmine attendono.

Una volta ringhiato nei confronti del capo, il capo non puo' fare finta di niente, o licenziare il lupo beta.

Per licenziarlo deve batterlo.

Se è un vero lupo alpha batterà il lupo beta e gli mostrera' coi fatti che il suo ringhio era improprio, si era sopravvalutato.

Ma non lo ucciderà, una volta sconfitto gli concederà di andarsene e procacciarsi il cibo da solo.

Nulla di male a essere ''contro il sistema'' dicono i lupi ai cani.

O lo vincete e governate voi, o vi fate il vostro sistema per i cazzi vostri e vi procurate il cibo da soli.

Comodo ricevere la carne cacciata dagli altri e dire ''sono vegano''.

I lupi non fanno queste ''cagnate''.

Non c'è possibiltà di esistenza per i ''contro il sistema di professione'' o ci dici cosa fare comandando e noi eseguiamo e vediamo quanta carne si caccia, o te la cacci da solo.

''Tertium non datur''.

Dicono i probi viri.

Gli uomini provati.

I primi uomini degni di stima.

E noi siamo gli eterni terzi.

Quelli nè bianchi, nè neri.

I grigi.

I dubbiosi.

Quelli che ''bho''.

Tertium non datur.

Si vis pacem para bellum.

Tertium non datur.

E' per questo che ''Cartago delenda est''.

Mica per divertimento.

E noi che ce la prendiamo con Maometto perchè è l'unico onesto che invece di predicare il ''resentiment'' come dottrina, o l'autoannichilazione dice ''vi è prescritta la guerra anche se non vi piace.''

Ineccepibile.

Inaccettabile per dei latini bastardi che, parole di Churchill ''perdono le guerre come partite di calcio, e le partite di calcio come guerre.''

Materazzi il nostro cane maestro.

Provoca, provoca, provoca e l'arabo ti taglierà la gola, non c'è posto per i provocatori, se si sfodera la spada, non la si rimette nel fodero.

E tutti a prendersela con Zidane.

Ma un campione non fa queste cose...

No diciamo che un arabo vero non tira testate, ti taglia la gola se tu dici puttana alla sorella che ti ha allevato mentre stavi morendo di fame in un mondo molto piu' duro di quello di Materazzi, un mondo dove si muore di fame sul serio, e non in modo figurato.

I morti di fame sono morti sul serio.

Non gente obesa che campa con il reddito di cittadinanza.

I lupi sono allevati alla scuola della fame, i cani non la conoscono e si definiscono morti di fame quando il padrone non li porta a cagare dove vogliono loro.

Vedete che in una qualsiasi mentalità classica, e l'arabo è una lingua classica e i musulmani non sbagliano a volere che il corano sia imparato nella sua lingua originale, l'arabo classico, ogni possibile traduzione è tradimento.

Tradere.

Tradire.

Trade.

Stessa desinenza.

Se traduci tradisci.

Se tradisci vendi.

Sei un venduto.

Tertium non datur.

Cosa fanno i latini bastardi che anziché allevare i giovani lupacchiotti alla scuola delle lingue primigenie, quelle educate alla scuola della fame, li fanno tradurre il latino.

Poi alcuni vogliono abolirlo.

Ma abolire cosa?

Una lingua morta, o un popolo morto?

Abolisci l'italiano e serba il latino.

Il popolo morto è tutto intorno a noi.

Siamo anche noi, sopratutto noi.

Che poi ho sempre detestato questa lingua bastarda che ha bisogno di consonanti raddoppiate, quando se notate le lingue classiche non ne hanno.

Si dice soprattutto o sopratutto?

Si dice perché alla fine non si riesce a scrivere, e se non si riesce a scrivere non si può pensare.

Neron Kaesar.

Le lingue classiche ti lasciano libertà nelle vocali non nelle consonanti.

Le consonanti non possono e non devono esssere raddoppiate, le vocali possono essere messe a piacimento.

Il senso arriva.

Kaiser.

Cesare.

In verità nessun romano ha mai pronunciato ''cesare''.

Kaesar è profondo, è mistico, è primordiale, è la sintesi della sacralità del potere.

Cesare è equivoco.

Cesare è un nome da cane.

Gli ecclesiastici cristiani hanno rubato la k, al latino, per depredarlo del suo senso mistico assoluto, in grado di illuminare qualsiasi proposizione, avverbio, verbo, complemento oggetto.

Curiosamente per un certo periodo i lupacchiotti si sono riappropiati della k, e nei loro messaggini scrivevano xkè...

E i cani maestri abbaiavano per correggerli.

Troppa sintesi.

Consonanti inequivocabili.

Ma la q l'avete mai capita poi?

Che senso ha la q in italiano?

Perché compiacersi di dire soqquadro cn due q?

Ha senso una consonante che talvolta va ripetuta e oltretutto senza alterare nessun significato e senza parlare all'anima di chi ascolta?

Perduti in dei ''giuochi elementari''.

xké non gioki?

Vedi che si capisce meglio?

xkè giokare ha un altro senso.

Alea iacta est.

Il dado è tratto?

Quante volte?

Una sola?

Siete degli stolti.

Kaesar ha tratto il dado una sola volta ma l'ha giocato diverse.

Era un giocatore.

E sapeva giocare.

Sapeva che il senso del gioco non è nè partecipare nè vincere ma imparare.

Lui ha imparato dai dadi.

E' solo una giocata quella vincente.

Le altre sono tutte perdenti.

E' inutile fruire del linguaggio male.

Io ho fatto letteratura di evasione.

Ho tirato i dadi in diverse combinazioni.

Molti hanno riso, alcuni hanno gridato alla bestemmia, la maggior parte non se ne è curata.

Non poteva essere diverso.

La giocata giusta è una sola, il resto è noia.

Cesare giocava a dadi?

Ho l'impressione di si'.

Nel senso letterale del termine.

Lui interrogava i dadi sul da farsi.

Sapeva di essere in un universo aleatorio.

E che le uniche risposte giuste le riceveva dai dadi.

Si è chiesto varie volte quando varcare il rubicone.

Se lo è chiesto per tanti anni, ma non si è macerato nel dubbio.

Tirava i dadi.

Se non usciva la giusta combinazione si doveva stare al di qua del Rubicone.

Quando è arrivata la giusta combinazione volente o nolente doveva varcare il rubicone:

''Alea iacta est''.



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